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Il Borghese

Torino può (o vuole) stare senza Stellantis?

Le riflessioni di Forbes, le eccellenze industriali della città e il classico paradosso

Torino può (o vuole) stare senza Stellantis?

Torino può fare a meno di Fiat, anzi di Stellantis? Non è una domanda retorica, è un interrogativo serio che emerge da alcuni piccoli segnali. Ossia il fatto che, senza tenere conto delle vicissitudini dell’impero di John Elkann, Torino ha un sistema industriale in salute.

Lo dice Forbes, introducendo il suo roadshow e presentando i suoi partner come simboli di eccellenze del territorio. C’è Acqua Sant’Anna, c’è il cioccolato Domori, c’è la sanità di Cidimu. E tra i non presenti vogliamo contare anche Lavazza, per esempio? O nella finanza parliamo di Intesa Sanpaolo che ha il primato europeo di valore borsistico? Sì, messa in questi termini Torino è una città in salute, facendo la tara di Stellantis.

Il fatto è che non possiamo trattare la questione come i polli di Trilussa e non possiamo fare la tara dei problemi di Torino e delle sue ricchezze o le sue miserie. Se l’assessore Chiavarino, per esempio, all’evento di Forbes, parla più dell’indotto che del Gruppo stesso, è perché è vero: Stellantis, al di là del piano di rilancio appena partito, è un gruppo globale, di cui Fiat è solo uno dei brand, anche se il più importante (di certo il più venduto in Italia). Mentre l’indotto, per quanto si internazionalizzi, non arriverà mai a una simile dimensione.

Ben vengano le storie di successo delle altre realtà: Sant’Anna è certo un esempio di “startup”, se vogliamo allargare l’accezione del termine. Ma il sistema Torino, più di quello Piemonte, si lega ancora troppo all’ex Fiat per poterlo considerare un capitolo a sé. E allo stesso modo è difficile scindere l’economia piemontese da quella torinese.

Dunque ripetiamo la domanda: Torino può (o vuole) fare a meno di Stellantis? Si confida che se la pongano non solo in casa Agnelli/Elkann.

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