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Il Borghese

La cassa integrazione (anche) in Conclave?

I bilanci in rosso e le donazioni sempre più esigue: ecco i guai per il prossimo Papa

La cassa integrazione (anche) in Conclave?

Giovanni XXIV, Pietro III o Francesco II? Per il bene del Vaticano, forse, sarebbe meglio un Matteo, come l’apostolo pubblicano ossia esattore delle tasse. Ché il prossimo pontefice dovrà far quadrare i conti della Chiesa e del piccolo Stato-banca. Che, purtroppo per i cardinali, non ha tasse da aumentare.

La questione finanze ha fatto irruzione violentemente nelle congregazioni dei cardinali e sarà certo un pensiero per loro, se non per lo Spirito Santo, nello scegliere il nuovo pontefice. Perché in Vaticano i conti non tornano, da un bel pezzo - e non solo per lo scandalo Becciu e relativa condanna -, nonostante la risistemazione dello Ior, la creazione della Segreteria dell’Economia e l’affidamento dello specifico Consiglio a... Marx (cardinale).

Dietro le Mura Leonine la finanza è affare serio, se consideriamo che il 12% degli abitanti del Vaticano (883 circa) lavora nella finanza. E che la concentrazione di terminali Bloomberg è superiore a quella del Lussemburgo (parlando di banche e paradisi fiscali). Ma il Vaticano ha un deficit annuo di almeno 70 milioni di euro: sarebbe interessante una cifra precisa, ma da due anni non viene reso pubblico un bilancio.

Calano le donazioni, Francesco ha messo a pigione tutti gli immobili, ma la maggior parte è occupata da enti clericali, dunque senza rendita. Le entrate sono di una trentina di milioni di euro l’anno per l’Obolo di San Pietro, a disposizione del Papa, ma - al di là di averne tirati fuori un centinaio l’anno scorso - ai poveri va appena il 10%. Il resto mantiene l’apparato clericale, nonostante la spending review. Adesso, poi, c’è il nodo del fondo pensioni per i 4mila dipendenti laici, nonché lo spettro dei tagli. Il prossimo Papa sarà il primo a ricorrere alla cassa integrazione? (magari per qualche cardinale...)

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