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Il Borghese
20 Novembre 2025 - 05:50
E le hanno chiamate “Strade sicure”... Una definizione datata, per descrivere le operazioni di pattugliamento, presidio nei quartieri a rischio delle città. Come a Torino.
Ci sono le pattuglie interforze, le cui regole di ingaggio portano però alla situazione paradossale che vi raccontiamo nella seconda parte del nostro reportage lungo le piazze di spaccio della città: a Barriera Milano le forze dell’ordine e l’esercito sono presenti, sono visibili - ottengono anche risultati -, ma sono come accerchiati. Gli spacciatori presidiano gli angoli, le panchine, i gradini degli esercizi commerciali. Le palline di droga cambiano velocemente di mano, i monopattini dei rifornimenti o delle consegne sfrecciano tranquillamente. L’impunità in faccia alla legge, uno schiaffo.
Torino, per la prima volta da anni, non si è vista assegnare neppure un nuovo agente dopo l’ultimo corso di formazione della polizia, a giugno. Lo denuncia il Siap, uno dei sindacati di polizia. In compenso, una ottantina di poliziotti sono stati trasferiti, altri sono andati in pensione. Siamo al paradosso di avere due commissariati senza dirigente titolare. Il resto è un corollario di straordinari e doppi turni che non bastano mai. Perché anche i criminali lo fanno, il doppio turno: il supermercato della droga non chiude mai.
Lo stesso sindaco Stefano Lo Russo ha avuto modo di dichiarare che, a livello nazionale, la polizia ha 11mila effettivi in meno di quanto prevederebbe la normativa. Significa meno commissariati, che saranno accorpati, significa ampie fette di territorio scoperte.
Ecco perché “Strade sicure” ci sembra una beffa, non solo per chi nei quartieri invasi dagli spacciatori deve viverci.
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