A sinistra, un "frame" delle violenze. A destra, i carabinieri alla comunità
«Era una situazione difficile anche per gli operatori della struttura. L’uso della forza? In certe situazioni può essere consentito». A parlare sono le difese degli operatori della comunità Mauriziana di Luserna San Giovanni, la “casa degli orrori” della Val Pellice finita nell’inchiesta dei carabinieri del Nas di Torino che, due giorni fa all’alba, ha portato ad otto arresti. Sette oss e una psicoterapeuta si trovano adesso ai domiciliari, con gli interrogatori fissati per la prossima settimana. L’indagine dei militari, coordinati dalla procura di Torino (titolare del fascicolo è la pm Rossella Salvati) ha svelato quotidiani episodi di maltrattamenti: ingiurie, schiaffi, percosse e atteggiamenti vessatori, intimidatori e di scherno. A livello fisico e psicologico. E a carico di uno degli arrestati, 61 anni e di professione oss, i militari hanno raccolto gravi indizi che lo ritengono responsabile anche di violenza sessuale nei confronti di un ospite.
Il tutto è stato possibile grazie alla segnalazione di una persona che lavora all’interno della struttura di via Armando Diaz. Non un operatore sociosanitario, ma un dipendente con altra mansione. Da quel momento è partita l’indagine, con i relativi arresti. Ora gli indagati, tramite i loro legali, parlano di una «situazione al limite». «Bisogna mettersi nei panni di chi svolge un lavoro delicato, con dei soggetti che hanno delle problematiche. In certe situazioni i protocolli consentono anche l’uso della forza», sottolinea l’avvocato Paolo Micheletta, legale di uno dei soggetti finiti agli arresti. Anche Luca Paparozzi, che difende l’oss di 61 anni sotto accusa per violenza sessuale, parla di «una situazione di forte disagio. Il mio assistito a casa ha un fratello disabile, queste situazioni le conosce bene. Non vogliamo minimizzare quanto accaduto e su cui c’è un’indagine in corso, ma bisogna mettersi dalla parte di chi lavora».
Intanto Utim Odv, Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva, chiede «riforme strutturali per i servizi residenziali rivolti alle persone con disabilità intellettiva e autismo». «I fatti emersi impongono una presa di posizione. Questi episodi - dichiara l’associazione - non rappresentano solo eccezioni, ma il risultato di un sistema che necessita di un intervento urgente, radicale e coordinato a livello nazionale di tipo strutturale e organizzativo, oltreché culturale. Per questo motivo chiediamo il superamento definitivo dei modelli istituzionalizzanti, promuovendo esclusivamente piccole comunità residenziali a carattere familiare con un massimo di otto posti letto».
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