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Storia piemontese

Le antiche mele piemontesi: un patrimonio di biodiversità tra storia e tradizione

Dai monasteri medievali ai moderni frutteti: la storia millenaria delle mele piemontesi

Le antiche mele piemontesi: un patrimonio di biodiversità tra storia e tradizione

In Piemonte il 90% della produzione di mele si concentra nella fascia pedemontana che si estende tra Torino e Cuneo, dove territori vocati come Verzuolo nel Saluzzese e Cavour hanno saputo coniugare tradizione frutticola e memoria storica. Il borgo di Cavour, dominato dall'imponente Rocca granitica che emerge dalla piana, custodisce infatti tracce millenarie: qui nel 1561 si stipulò la Pace di Cavour tra delegati valdesi e duca di Savoia, mentre nella cripta dell'abbazia di Santa Maria si conserva il più antico altare del Piemonte, costituito da tre basi sovrapposte di colonne romane.

DALLE ORIGINI MEDIEVALI ALLA MODERNA FRUTTICOLTURA
La coltivazione delle mele in queste terre affonda le radici nel tempo. Già i cartari dell'abbazia di Staffarda documentavano il possedimento di Pomarolo, dove i monaci cistercensi coltivavano piante da frutto, prevalentemente meli. Paradossalmente, per l'uomo medievale il melo rappresentava una pianta nefasta, l'albero del frutto proibito: il termine latino malus, che significa sia melo che malvagio, incarnava questa duplice natura diabolica. Tuttavia, questo simbolismo non impedì a monaci e contadini di apprezzarne concretamente i frutti.

Fu proprio nell'Alto Medioevo che, grazie all'opera dei religiosi, la frutticoltura si diffuse capillarmente in Piemonte. Gli alberi crescevano sparsi nei campi ma si infittivano attorno alle abitazioni, integrandosi dal XIII secolo nel sistema dell'alteno: un metodo di allevamento della vite che prevedeva la crescita dei tralci su tutori vivi, tra cui olmi, frassini e meli, con spazi interni riservati ai cereali.

Il Settecento segnò una svolta nell'approccio scientifico all'agricoltura. Nel 1729 nasceva a Torino l'Orto Botanico dell'Università, mentre l'Accademia di Agricoltura iniziava nel 1790 la pubblicazione del Calendario Georgico. Nel 1822 si inaugurò in San Salvario il vivaio dei fratelli Burdin di Chambéry, che introdusse in Piemonte pregiate varietà di frutta. Dalla metà dell'Ottocento, per istruire i contadini, si moltiplicarono Comizi Agrari e Cattedre ambulanti.

L'evento che accelerò definitivamente la specializzazione frutticola fu paradossalmente una calamità: la fillossera, flagello della vite, liberò spazi per i frutteti. Il primo esperimento di sostituzione risale al 1885-1886 nel Roero, dove le vigne colpite dalla malattia lasciarono posto ai primi impianti specializzati.

COLTIVAZIONE DI MELE: UN PATRIMONIO DA RISCOPRIRE
Oggi le varietà più diffuse sono la Red Delicious e la Golden Delicious, importate negli anni Venti del Novecento dall'America e ribattezzate rispettivamente Rossa di Cuneo e Gialla del Piemonte, affiancate dalla neozelandese Gala e dalla giapponese Fuji, introdotte negli anni Novanta. L'omogeneizzazione dei mercati che dagli anni Ottanta ridusse drasticamente le varietà commerciali non è riuscita però a cancellare le antiche cultivar piemontesi, oggi in numero di circa 500 e in fase di riscoperta.

Il patrimonio varietale tradizionale include cultivar dalle caratteristiche uniche:

  • Buras: frutto di media pezzatura con buccia leggermente ruvida e rugginosa di colore giallo verde, polpa croccante bianco-verde dal sapore dolce un po' acidulo;
  • Calvilla Bianca: frutto medio-grosso con buccia rugginosa al picciolo, colore di fondo giallo verde e sovraccolore rosso sfumato, polpa bianca succosa dal gusto aromatico;
  • Carla: piccola-media pezzatura, buccia liscia giallo verde con sovraccolore rosso aranciato, polpa bianco crema fondente dal sapore dolce che ricorda viola e ananas;
  • Dominici: grossa pezzatura, buccia leggermente ruvida giallo verde con sovraccolore rosso, polpa croccante bianca dal sapore acidulo aromatico, probabilmente dal nome del frutticoltore di Bricherasio che la coltivava già nel 1800;
  • Gamba Fina Lunga: media-piccola pezzatura, buccia liscia giallo verde con sovraccolore rosso vinoso, polpa bianca fondente dal sapore dolce, diffusa solo in Piemonte dalla fine del 1800;
  • Gamba Fina Piatta: piccola-media pezzatura, buccia liscia giallo verde con sovraccolore rosso scuro, polpa fondente bianco crema dal sapore dolce;
  • Grigia di Torriana: media pezzatura, buccia ruvida con rugginosità preponderante, polpa bianco crema fondente dal sapore dolce acidulo, eccellente cruda ma esaltata dalla cottura al forno;
  • Runsè: media pezzatura, buccia liscia giallo-verde con sovraccolore rosso brillante o vinoso, polpa succosa bianco crema dal sapore acidulo molto aromatico, il nome deriva da "cespuglio di rovi";
  • Magnana: media pezzatura, buccia ruvida verde con sovraccolore rosso o rosso vinoso, polpa fondente bianco-verde dal sapore dolce acidulo, coltivata dalla fine dell'800 e chiamata dalla località di ritrovamento originario.

Questo straordinario patrimonio varietale rappresenta oggi una risorsa preziosa per la biodiversità agricola piemontese e un ponte tra passato e futuro nella ricerca di sapori autentici e sostenibilità ambientale.

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