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Il caso
17 Settembre 2025 - 11:35
Parziale retromarcia della Giunta guidata da Claudio Castello sulla gestione della mensa scolastica. Dopo settimane di scontri politici e proteste delle famiglie, il Comune ha annunciato che i bambini i cui genitori non sono in regola con i pagamenti potranno portarsi il pranzo da casa. Un panino, una schiscetta, un piatto freddo nello zaino: la toppa per garantire ai più piccoli il diritto a sedere al tavolo con i compagni, senza esclusioni.
La vicenda nasce a febbraio, quando la maggioranza di centrosinistra – Pd, Sinistra Ecologista e Noi per Chivasso – approvò un regolamento che di fatto bloccava l’iscrizione alla mensa per le famiglie con debiti pregressi. Una linea dura motivata dal peso dei crediti non riscossi: circa 800mila euro accumulati in sette anni, oltre 100mila nel solo anno scolastico 2023/24. La Giunta difendeva la scelta sottolineando che il 60% dei morosi apparteneva alle fasce contributive più alte, non a famiglie in difficoltà. «Siamo dalla parte dei fragili e degli onesti», era il leitmotiv. Ma le opposizioni e i sindacati replicavano che a pagare sarebbero stati i bambini, non i genitori.
La decisione scatenò proteste in città e critiche anche all’interno del Pd regionale. L’assessore all’Istruzione Gianluca Vitale ribadiva che occorreva «un segnale forte», ma i timori restavano: dietro ai morosi non solo “furbetti”, ma anche famiglie segnate da separazioni, precarietà o ritardi burocratici. L’8 settembre il cambio di rotta: un comunicato ufficiale del Comune ha concesso la possibilità di portare il pasto da casa. Il via libera è arrivato dopo una verifica con il SIAN (Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione). Fino al 30 settembre tutti gli alunni riceveranno i pasti della ditta Vivenda; dal 1° ottobre chi non avrà regolarizzato la propria posizione potrà consumare un pasto domestico in refettorio, in attesa che i Consigli di Istituto definiscano nuove regole.
La scelta evita l’esclusione dai refettori, ma apre nuovi interrogativi: davvero i bambini potranno nutrirsi con panini e focacce ogni giorno mentre i compagni ricevono un pasto caldo? La misura tutela formalmente l’inclusione, ma rischia di compromettere qualità nutrizionale e esperienza sociale del momento del pranzo. Resta sul tavolo il problema centrale: come recuperare gli 800mila euro di crediti senza scaricare il peso sui più piccoli. Le opposizioni parlano di provvedimento «punitivo» corretto in corsa, l’ennesima marcia indietro di un’amministrazione già costretta ad aggiustare altre decisioni impopolari.
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