Cerca

Nazionale

Crisi profonda del calcio italiano: dall'addio di Spalletti ad un sistema allo sfascio

Industria senza regole tra stadi fatiscenti, conti in rosso e diritti TV a rischio: tutte le cause

Crisi profonda del calcio italiano: dall'addio di Spalletti ad un sistema allo sfascio

La recente umiliazione subita dalla Nazionale a Oslo travolta 3-0 dalla Norvegia ha fatto esplodere la crisi tecnica e strutturale del calcio italiano. L’esonero di Luciano Spalletti, travolto da critiche e polemiche e sostituito da Gennaro Gattuso, è solo la punta dell’iceberg di un sistema che sta crollando sotto il peso delle proprie contraddizioni.

L'ultimo periodo è stato disastroso per il calcio italiano. Oltre ai risultati deludenti della Nazionale, il mondo del pallone è stato scosso da inchieste giudiziarie, che hanno rivelato infiltrazioni mafiose nelle curve e casi di ludopatia tra i calciatori (Tonali e Fagioli su tutti), segnalando una deriva pericolosa anche dal punto di vista sociale. Un campionato una volta definito “il più bello del mondo” è oggi ridimensionato con la Serie A che è solo la quarta lega europea, lontana dai fasti della Premier League. Il trionfo del Napoli di Antonio Conte non ha risollevato i numeri: ascolti in calo del 6,9% su Dazn, il principale finanziatore del sistema calcio. Il gruppo, che versa 700 milioni annui per i diritti TV, potrebbe ritirarsi come già fatto in Francia, minacciando la sopravvivenza del modello economico attuale.

Il fenomeno della pirateria audiovisiva, nonostante le contromisure come il Piracy Shield, continua a erodere introiti. Ma il vero tallone d’Achille del calcio italiano sono gli impianti sportivi vetusti: l’età media è di 69 anni, contro i 30 di Germania e Inghilterra. Su 20 club di Serie A ben 14 hanno progetti di stadi nuovi o da ristrutturare, ma i ritardi burocratici e le opposizioni locali frenano tutto. Un piano di riforma del governo, firmato Andrea Abodi, è pronto a semplificare il quadro normativo e nominare un commissario ad hoc, ma resta da vedere se riuscirà a superare l’ostruzionismo nei territori.

Altro fronte caldo è la riforma della gestione dei diritti audiovisivi. Il governo vuole superare la legge Melandri e introdurre una “mutualità di sistema” per redistribuire più equamente i ricavi. Ma il presidente della Serie A Ezio Simonelli ha già alzato le barricate, difendendo la posizione dei club più ricchi e opponendosi a una redistribuzione che “sottrarrebbe risorse vitali”. Secondo Calcio e Finanza, la Serie A ha registrato ricavi per 3,79 miliardi nel 2023/24, ma anche perdite per 370 milioni. E in Serie B va peggio: -274 milioni, con i club in apnea finanziaria. Le plusvalenze e le commissioni agli agenti (oltre 226 milioni nel 2024) sono palliativi che mascherano una fragilità cronica.

Il caso Brescia, escluso dai campionati dopo irregolarità fiscali e il default societario, è solo l’ultimo di una lunga lista: dal 2000 sono 185 i club falliti in Italia. Dietro i numeri, il vero problema è culturale. I club vivono nell’illusione del risultato immediato, ignorando ogni logica di sostenibilità. Deroghe, fideiussioni, ricorsi al TAR hanno sostituito una vera pianificazione industriale. Il calcio italiano si regge su un equilibrio precario, e senza una riforma radicale – che parta da stadi moderni, conti in ordine e una nuova governance condivisa – il futuro è a rischio.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.