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Palcoscenico

Remo Girone: «Da Tano a Hollywood, così “La Piovra” mi ha cambiato la carriera»

L’attore cresciuto allo Stabile di Torino sarà in scena il 17 gennaio al Concordia di Venaria nei panni di Simon Wiesenthal

Remo Girone

Remo Girone nei panni di Simon Wiesenthal , "Il cacciatore di nazisti"

È stato il mafioso Tano Cariddi ne “La Piovra”, Raskol’nikov in “Delitto e castigo”, Enzo Ferrari in “Le Mans ‘66 - La grande sfida”. È stato Ponzio Pilato, il re Ciniro, papa Pio XII e molto altro. Ora Remo Girone è “Il cacciatore di nazisti”, il James Bond ebreo, colui che per tutta la vita diede la caccia ai criminali nazisti responsabili della morte di più di 11 milioni di persone, consegnandone alla giustizia 1.100. L’attore eritreo veste i panni di Simon Wiesenthal nello spettacolo che va in scena mercoledì 17 gennaio al Teatro Concordia di Venaria per la regia e drammaturgia di Giorgio Gallione e affronta così per la terza volta il tema dell’Olocausto. «La prima volta è stato al Quirinale, nel Giorno della Memoria avevo letto le lettere scritte dagli ebrei italiani quando uscirono le leggi razziali - spiega Girone -. In quell’occasione avevo incontrato Liliana Segre e uno dei sopravvissuti ai campi di concentramento. Dopo qualche anno al Teatro Argentina di Roma, sempre nel Giorno della Memoria, avevo dato voce alle poesie di Paul Celan. Così quando Gallione mi ha presentato questo progetto ho accettato volentieri».

Che tipo di spettacolo è?
«Non è un monologo, io mi rivolgo direttamente agli spettatori, è come se Wiesenthal accogliesse le persone nel suo Centro di Documentazione Ebraico di Vienna. Parlare direttamente al pubblico per me non è stato semplice, è la prima volta che lo faccio».

Nonostante il tema trattato lo spettacolo ha anche momenti di leggerezza.
«Sì, perché Wiesenthal era molto ironico, spiritoso».

Che cosa l’ha colpita di questo personaggio?
«La sua determinazione. Un uomo che si assume questo compito, per amore di giustizia e non di vendetta, e a questo dedica tutta la vita, non fa una scelta facile».

A quale dei personaggi che ha interpretato è rimasto più legato?
«In genere siamo legati alle ultime cose che facciamo, quindi Wiesenthal, ma anche Raskol’nikov che mi ha aiutato a costruire il personaggio di Tano Cariddi nella Piovra».

Quel Tano che gli ha aperto le porte di Hollywood.
«Sì, Ben Affleck per il suo film “La legge della notte”, cercava un personaggio capo mafia all’epoca del proibizionismo. In America molti attori sono specializzati nel genere, ma Affleck ne cercava uno che non fosse conosciuto. Aveva visto “La Piovra” che girava nelle piattaforme e così mi ha chiamato. Poi, siccome lui è molto amico di Matt Damon, mi segnalato per interpretare Enzo Ferrari nel film “Le Mans ‘66”. Quindi ho lavorato con Denzel Washington in “Equalizer 3”».

Com’è lavorare a Hollywood?
«Lì tutto è dilatato. I costi: il film Le Mans è costato 100 milioni di dollari, quello di Affleck, 75; le troupe: qui ci sono una trentina di persone, lì 200, 300; i tempi: per girare gli ultimi 15 minuti di Le Mans abbiamo impiegato 4 settimane».

E lavorare con i big di Hollywood?
«È molto interessante. Come mi aveva detto Francisco Rabal: più si lavora con attori bravi più è facile».

Com’è il suo rapporto con Torino?
«Mio padre era torinese e a Torino ho lavorato molto con lo Stabile con Ronconi. Un anno e mezzo fa ho anche fatto un bellissimo film con Peter Greenway, “Walking to Paris”, ma non è mai uscito. Ecco, mi piacerebbe sapere: che fine ha fatto?».

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