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Crypto & Crimine

Sequestri, torture e fughe, ma anche poker e riccanza: la vita (nel mirino) dei nuovi ricchi del Bitcoin

Escalation criminale in Francia. Il campione delle mance da 100.000 dollari e il mistero Devasini inseguito nel darkweb

Cripto ricchi tra ostentazione e paura: dal sogno di Dubai all’incubo francese dei sequestri

Un dito tagliato, la pistola alla tempia, polsi e caviglie legati e un videomessaggio da mandare al socio. Non è la sceneggiatura di un thriller, ma una scena reale, in quel di Châteauroux, 21 gennaio 2025. David Balland, cofondatore di Ledger, implora i soci di pagare un riscatto da dieci milioni di euro, l’equivalente di cento Bitcoin

Cosa succede quando la rivoluzione finanziaria promette libertà personale e si ritrova ostaggio della violenza più antica del mondo, quella del sequestro? Il nuovo denaro digitale, che molti immaginano invisibile e inafferrabile, finisce per lasciare tracce molto concrete: abitudini, indirizzi, vite social, auto appariscenti. E le tracce, oggi, si pagano care. Nel mondo delle criptovalute fra sequestri, feroci omicidi e neomiliardari che scelgono di diventare invisibili. 

Un nuovo bersaglio per vecchi crimini
La sequenza francese, come ricostruita da una recente inchiesta di Vanity Fair, è impressionante. Quella notte a Châteauroux, Balland viene rapito assieme alla compagna. A quaranta minuti di distanza, a Vierzon, il socio Éric Larchevêque riceve immagini sul telefono. Chiama la gendarmeria, versa una prima tranche del riscatto – tre milioni – che la brigata finanziaria blocca e traccia. Il giorno dopo, le forze speciali liberano la coppia e arrestano una mezza dozzina di sospetti. All’inizio di giugno, un franco-marocchino viene incarcerato in Marocco: sospettato di essere uno dei cervelli della catena di rapimenti.

Da gennaio, si contano una decina di sequestri o tentativi contro detentori di cripto o i loro familiari. Il 13 maggio, a Parigi, la figlia di Pierre Noizat, pioniere del settore e fondatore di Paymium, viene aggredita sotto casa, incinta e davanti al figlio. Un vicino e il compagno la salvano, la scena finisce in rete e nei telegiornali. Tre giorni dopo il ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, convoca la comunità delle criptovalute a Beauvau. Annuncia misure, che però non bastano a rassicurare. «Finché tutto questo non finirà, non mi sentirò più al sicuro in Francia», confida Owen Simonin, 28 anni, imprenditore e youtuber (Hasheur), già aggredito in casa nel gennaio 2022.

L’ostentazione che inganna (anche i criminali)
L’immaginario collettivo fa il resto. Sulle storie Instagram si mescolano Dubai, poker, trading, influencer: un unico film, quello del successo facile. Non stupisce che una parte della malavita francese stia abbandonando il narcotraffico per puntare ai «criptomilioni» trasferibili in pochi clic. Eppure, avverte l’esperto di cybersicurezza Renaud Lifchitz, «non sono i bling-bling, quelli che ostentano di più, a essere presi di mira». A essere colpiti, spesso, sono i riservati. «David Balland era discreto. Viveva in una casa semplice».

La contraddizione è tutta in figure come Karl Chappé-Gatien, 49 anni, autodidatta francese oggi a Dubai. Dopo un’infanzia povera nella periferia parigina e un diploma in contabilità, parte per la Thailandia a giocare a poker. Intorno al 2012 scopre il bitcoin: «Ero tra i primi che ci hanno creduto», racconta. Trading “di pancia”, disciplina feroce, podcast dove snocciola mani da un milione di euro e una mossa del 2017 che lo porta, in pochi mesi, da 5 a 100 milioni. L’anno scorso avrebbe guadagnato 80 milioni di dollari; la sua fortuna si conterebbe a nove cifre. La Lamborghini da 1,5 milioni è diventata un’icona sulle strade di Dubai. Si narra di mance da centomila euro ai croupier. È un caso limite, certo. Ma non isolato nella cultura dell’ostentazione: «Ok, mi sono comprato una Lamborghini e una grande casa», ammette un bitcoiner più «modesto». «Alle feste forse è successo anche a me di spendere 20mila euro per una bottiglia». Dall’altro lato c’è il “kit” del cryptoboy imprenditore alla francese: jeans, sneakers, Apple Watch, e – nel migliore dei casi – una Tesla in garage. Dodici ore al giorno davanti allo schermo, zero clamore. La verità? Nella percezione pubblica, le due immagini si sovrappongono fino a diventare una calamita per i rapinatori.

Il riserbo estremo: l'ombra di Giancarlo Devasini
Poi ci sono gli invisibili. Come Giancarlo Devasini, tra gli uomini più ricchi d’Italia grazie a Tether, eppure capace di condurre un’esistenza nascosta «peggio di Howard Hughes». Felpa con cappuccio, uscite notturne dal condominio di Lugano, niente interviste, pochissime foto. Un vecchio video da cuoco per una sua impresa di catering, poi il silenzio. «Riserbo»? «Timore»? Intanto si muove tra l’Africa – a lungo a São Tomé –, le Isole Vergini Britanniche e San Salvador, dove oggi ha sede Tether. Segno che la geografia delle cripto-ricchezze non coincide più con quella delle capitali europee.

Negli ambienti finanziari si mormora che Devasini sia nel mirino non tanto per la ricchezza quanto per alcune manovre "ai limiti". Mentre l'ex "terzo socio" di quella che sarebbe diventata Tether, ossia Bitfinex, Rapahel Nicolle avrebbe "dovuto scomparire, perché ha cercato di creare uno schema Ponzi" secondo Hacker News. Per altri, il codice sorgente trovato da Nicolle in Rete nel 2012 - e impiegato poi da Devasini quando è entrato in Bitfinex - non sarebbe stato propriamente "open source"...

La generazione Satoshi: fortune improvvise, fragilità nuove
Per capire perché questi profili attraggano attenzioni, serve un passo indietro. Nel 2009 appare il Bitcoin. «Il bitcoin è il futuro: una risorsa accessibile a tutti, sicura, resiliente, non falsificabile e con una politica di emissione prevedibile e immutabile», sostiene Éric Larchevêque, 52 anni, volto televisivo di Qui veut être mon associé?, patrimonio stimato in 375 milioni di euro, in gran parte azioni Ledger. Quindici anni fa compravano in pochi; oggi ne parlano tutti. Il 9 febbraio 2011 un Bitcoin valeva un dollaro, oggi, anche nei momenti peggiori, continua a oscillare attorno ai 100mila. Nonostante il tracollo di questi giorni - le oscillazioni sono terrificanti - abbia fatto bruciare tutti i guadagni del 2025, con ben 133 miliardi di dollari in fumo in 24 ore.

Un utente, a settembre, riattiva un wallet dormiente: mille bitcoin, 117 milioni di dollari. A luglio precedente, un altro vende 80mila Bitcoin inattivi da quattordici anni: 9,8 miliardi. Cifre che, al di là dei benefici ai proprietari, sono come scosse telluriche sui mercati: non solo quelli digitali. Lungo le catene di blockchain ci sono 1,1 milioni di Bitcoin appartenenti al "creatore" Satoshi Nakamoto, sempre ammesso che esista o sia esistito... Nel dubbio, quelli di Tether gli hanno dedicato una statua a Lugano e altre in giro per il mondo.

C’è anche il rovescio della fortuna. Émilien Dutang, matematico destinato a un dottorato in intelligenza artificiale, si innamora del Bitcoin nel 2009 mentre gioca a poker. Studia la blockchain, poi il crollo personale: 5mila bitcoin rubati, la depressione. Ne esce, diventa consulente per Bnp Paribas, cofondatore di Blockchain Partner con Alexandre Stachtchenko e Claire Balva, poi lascia nel 2017 perché «guadagnavo di più con gli investimenti in cripto». Oggi, però, vive in allerta: «Al parco con i miei figli, è spuntato un tizio su uno scooter senza targa. Pieno agosto, passamontagna, mi fissava». L’ansia non è un algoritmo: è un volto, a cinquanta metri.

Barricate digitali e bunker domestici
Davanti alla paura, la comunità si barrica. Il ministero dell’Interno autorizza la cancellazione degli indirizzi dagli albi delle imprese. Spuntano servizi da 5mila euro per “ripulire” le tracce digitali e monitorarle. Sui social si cambia abitudine: niente geolocalizzazioni, niente dirette dalle cene, vacanze off-line. «Per vivere felici, si vive criptati», dice qualcuno. Sul fronte tecnico, Benjamin Cohen (31 anni, fondatore del media The Crypto Daily) alza le barriere: chiavette Ledger come cassaforte, time-lock che impongono giorni d’attesa per bonifici oltre i 10mila euro, verifiche in videoconferenza con volti e “persone di fiducia” per autorizzare transazioni. L’obiettivo è spezzare l’equazione «sequestro uguale riscatto facile». In casa, allarmi, telecamere, rilevatori anti-microspie e anti-localizzatori; in strada, percorsi variabili e occhi sugli specchietti. Per i viaggi: sicurezza privata. «Quest’estate all’EthCC di Cannes avevo una guardia del corpo che mi seguiva ovunque. Rassicurante», ammette Cohen.

C’è un prezzo, e non solo psicologico. La legge non consente di scaricare le spese di sicurezza sull’azienda: si paga di tasca propria. Owen Simonin, che guida società con 400 milioni di euro in gestione, fa due conti: due-tre viaggi al mese tra Dubai, Svizzera, Lussemburgo, Parigi; da due a quattro uomini di scorta; 800-1.500 euro al giorno per ogni guardia, più vitto e alloggio. «Non è difficile superare 15 mila euro a settimana». Larchevêque spende tra 50 e 100mila euro al mese per la propria sicurezza. Su X promuove persino un dispositivo al peperoncino, la Guardian Angel III: «neutralizza l’aggressore per trenta minuti».

Emigrazione e armi: la nuova frontiera privata
Quando la città non basta, si cerca un altro orizzonte. Émilien Dutang è passato da Andorra («ragioni fiscali») al Lussemburgo («ragioni familiari»). «Se potessi, andrei a Dubai: fiscalità zero, criminalità zero».

Dichiarazioni rilasciate prima che venisse alla luce la storia di  Roman Novak e di sua moglie Anna. Lui russo broker immobiliare - con sette anni in carcere - convertito alle criptovalute negli Emirati, una vita di lusso fra fuoriserie e grandi affari. Ma in realtà un truffatore: i due sono stati sequestrati, uccisi, fatti a pezzi e sepolti nel deserto. A Dubai, dove il business delle cripto furoreggia, ci sono uomini che non perdonano...

Benjamin Cohen si è spostato a Montréal dopo il 7 ottobre 2023: «Mi chiamo Cohen, sono arrivate minacce legate al conflitto israelo-palestinese. Una lettera d’odio. Siamo partiti». E le armi? Owen Simonin, cresciuto in Corsica, racconta di essersi esercitato al tiro: «In caso di aggressione, sono pronto». Larchevêque è favorevole al porto d’armi per i professionisti del settore e lo ha chiesto al Viminale francese nella riunione del 16 maggio. Un dibattito scivoloso: difesa personale o escalation del rischio? Fin dove spingersi quando lo Stato dice che «non può mettere un poliziotto dietro ciascuno di noi» e si limita a consigli di buon senso?

Illusioni infrante, realtà che resta
Qualcuno sostiene che i sequestri siano calati dopo l’arresto del presunto mandante di giugno e perché «non è facile ottenere i riscatti». Ma la violenza non si è fermata: a luglio una proprietaria di bitcoin è stata aggredita in casa davanti ai figli; il 26 agosto un trader è stato rapito e rilasciato per 10mila euro; il 29 agosto un ventiduenne svizzero è stato sequestrato e torturato quattro giorni prima di essere ritrovato. Michael Valentino Teofasio Carturian, 29 anni di Rivoli, è stato sequestrato e tenuto prigioniero per giorni a New York, legato a una sedia e torturato con scosse elettriche da una coppia che voleva i suoi Bitcoin. Una vicenda ancora oscura, venata da un video sadomaso.

Quel che è certo è che i campioni delle criptovalute non abbandonano la loro bolla dorata. Forse perché, al netto delle paure, vedono in questo ecosistema ancora la promessa di un denaro «resiliente, non falsificabile» e in numero finito. Forse perché le alternative – tornare indietro, rinunciare – non sono contemplate. E allora la domanda ritorna: è davvero colpa delle Lamborghini o dell’ostentazione? O c’è, più profondamente, una frizione tra una ricchezza nata globale e una criminalità che ha imparato a cercarla nei portoni di casa, a Parigi come a Châteauroux?

La criptosfera, che doveva rendere il denaro «più libero», sta imparando a proprie spese che la libertà si difende minuto per minuto, tra password e porte blindate, tra time-lock e percorsi alternativi. È l’antica storia del potere e della vulnerabilità, riscritta nel lessico di wallet e blockchain. Chi la abita, oggi, cammina con un occhio al grafico del bitcoin e l’altro allo specchietto retrovisore.

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