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Addio "vecchio" Bancomat? Ecco cos'è questo Eur-Bank che sfida Tether (e perché se ne parla)

L'Italia prepara la sua stablecoin: come cambieranno le cose per noi e perché non è ancora l'euro digitale

Bancomat sfida Tether: la corsa europea alla stablecoin e ai pagamenti senza confini

Bancomat prepara la sua rivoluzione digitale: nel 2026 potremo pagare all’estero con l’app italiana e usare una nuova moneta digitale- una stableoin, per essere precisi -, l’Eur-Bank. E sfidare Tether, il colosso delle criptovalute.  Ma che cos'è questo Eur-Bank in arrivo di cui si comincia a parlare tanto, già ora nel 2025? Che differenza c'è con l'euro digitale? Cambieranno le nostre nostre abitudini e il nostro modo di pagare? Cerchiamo di analizzare, insieme, questa situazione che sta scuotendo il mondo finanziario italiano.


LA SCOMMESSA DI BANCOMAT: APP ALL’ESTERO E UNA STABLECOIN “DI SISTEMA”
A dare l’annuncio è stato Fabrizio Burlando, amministratore delegato di Bancomat, che da poco più di un anno ha avviato un piano di rinnovamento complessivo: azionariato, management, servizi. La prima novità concreta arriverà nel 2026: pagare in Europa e fuori Europa usando l’app Bancomat, superando i confini fisici con un gesto sullo smartphone. Ma il passaggio più ambizioso è la creazione di Eur-Bank, una stablecoin ancorata all’euro in rapporto uno a uno e concepita per rispettare gli standard Ue, soprattutto in materia di riserve e loro custodia, condizione necessaria per la conversione immediata nella moneta sovrana. L’architettura immaginata è chiarissima: Eur-Bank verrebbe emessa dalle banche nazionali azioniste, sotto il perimetro regolamentare europeo e in dialogo con la Banca d’Italia — interlocuzioni già avviate — così da offrire nuovi servizi alla clientela. Tra gli use case: pagamenti transfrontalieri più rapidi e meno costosi e persino conti di deposito più redditizi, facendo leva su un’infrastruttura digitale capace di ridurre frizioni e costi di transazione. La credibilità, in un mercato dove la fiducia è la prima moneta, è la direttrice strategica.

COS'È UNA STABLECOIN
A differenza di quanto si crede, una stablecoin è cosa differente dal Bitcoin, la moneta digitale più nota. Tecnicamente si definisce una valuta FIAT, ed è ancora a un bene mobile di riferimento "stabile" o concreto. Nello specifico Tether, che è l'emittente più grande, ha ancorato la propria valuta al dollaro americano, con un cambio di 1:1. Ma esistono anche stablecoin in oro. Il vantaggio è una fluttuazione del valore decisamente diversa (come dimostra l'andamento stesso del Bitcoin, capace di raggiungere massimi storici in poche ore, ma di crollare altrettanto rapidamente).

Non si tratterebbe del cosiddetto "euro digitale" che si parla di introdurre: questo Eur-Bank sarebbe un titolo scambiabile, cedibile, valutabile ancora al valore dell'euro. Ma non sarebbe una "moneta" così come la intendiamo.

UN’EUROPA CHE RISCHIA “DUCATI E SESTERZI”: INTEROPERABILITÀ O FRAMMENTAZIONE?
Il piano, tuttavia, mette il dito nella piaga storica dell’integrazione europea: la frammentazione. «Bisogna evitare di ricadere nell’abituale frammentazione europea, dove ogni Paese, ogni banca emette la sua stablecoin che non è interoperabile con quelle coniate da altri: non possiamo tornare a ducati e sesterzi», ha spiegato Fabrizio Burlando. Il monito è preciso: l’efficacia di una stablecoin dipende dalla massa critica, dalla possibilità di essere accettata dovunque e regolata istantaneamente su piattaforme compatibili. Per questo Bancomat ha aperto il dialogo con altri schemi di pagamento nazionali in Europa, precondizione per portare Eur-Bank oltre i confini italiani e abilitare i servizi più promettenti. Un mosaico che, se ben composto, potrebbe trasformarsi in un’unica infrastruttura, evitando mercati a isole e inefficienze sistemiche.



IL FRONTE DELLE GRANDI BANCHE: NOVE ISTITUZIONI PER UNA STABLECOIN IN EURO
In parallelo, un altro cantiere ha preso forma: un consorzio di 9 grandi banche europee — UniCredit, ING, Banca Sella, KBC, Danske Bank, Dekabank, SEB, CaixaBank e Raiffeisen — ha annunciato un progetto congiunto per lo sviluppo di una stablecoin denominata in euro. La finalità dichiarata è rafforzare la sovranità digitale dell’Unione Europea, ridurre la dipendenza dalle valute digitali ancorate al dollaro e promuovere standard comuni per pagamenti su blockchain, con regolamento istantaneo, 24 ore su 24. È un segnale politico, oltre che industriale. La convergenza tra infrastrutture di pagamento tradizionali e tecnologia blockchain si carica di un messaggio: l’Europa non può più restare spettatrice di un segmento cresciuto a dismisura altrove. La domanda diventa inevitabile: queste due traiettorie — Eur-Bank e la stablecoin del consorzio — si scontreranno o si integreranno? L’esito farà la differenza tra un mercato capace di attrarre massa critica e un arcipelago di iniziative, ciascuna troppo piccola per pesare.

UN MERCATO SBILANCIATO SUL DOLLARO: IL COLOSSO TETHER
I numeri fotografano con crudezza il ritardo europeo. Secondo la Banca d’Italia, il mercato delle stablecoin legate all’euro vale circa 620 milioni di dollari, contro quasi 300 miliardi di dollari di quelle ancorate al biglietto verde. La sproporzione non è solo quantitativa: è sistemica. Il primato del dollaro si traduce in standard de facto, in reti di accettazione, in liquidità.

E a dominare la scena è Tether, fondata dal miliardario torinese Giancarlo Devasini, con oltre 183,4 miliardi di USDT in circolazione, seguita da USDC di Circle con una capitalizzazione di 76,2 miliardi. Tether, in particolare, ha sfruttato il contesto dei tassi elevati negli Stati Uniti per massimizzare i profitti, consolidando il proprio ruolo di pilastro della liquidità globale nei mercati crypto.

La strategia del management, guidata dal CEO Paolo Ardoino, ha allargato l’orizzonte anche oltre le stablecoin: negli ultimi mesi è stata stretta una partnership con la Juventus, con l’acquisto di una quota del 10,7% e l'ambizione - per ora frustrata nello scontro con la Exor di Elkann - di entrare nel cda. È un segnale di potenza di fuoco e di diversificazione: marketing, influenza e capacità di investimento si alimentano a vicenda, creando un circolo virtuoso che rende ancora più arduo sottrarre terreno al dollaro digitale.

Tether, inoltre, dalla sua sede a San Salvador, non essendo operativo in Europa preferisce puntare sui Paesi in via di sviluppo, quelli dove la "fame" di dollari è maggiore, ma l'accesso limitato. Sono già diversi gli accordi con Stati sovrani.

PAGAMENTI, RISPARMIO, DEBITO PUBBLICO: I CANTIERI ITALIANI
La cornice italiana, intanto, si muove su tre assi. Primo: i pagamenti retail, con l’app Bancomat che dal 2026 punta a funzionare all’estero, posizionando il circuito come porta d’accesso immediata a merchant europei ed extraeuropei. Secondo: l’infrastruttura finanziaria, con Eur-Bank concepita per rispettare la disciplina Ue e rispondere alle esigenze di sicurezza di cittadini e imprese, offrendo pagamenti transfrontalieri più economici e rapidi. Terzo: il mercato dei capitali pubblici. Bancomat ha aperto un tavolo con il ministero delle Finanze per digitalizzare i titoli di Stato e consentirne lo scambio su blockchain del debito pubblico italiano. Qui le promesse sono tangibili: riduzione dei costi di emissione e transazione, potenziale aumento del rendimento riconoscibile ai sottoscrittori e maggiore flessibilità del taglio minimo di acquisto. È un cambio di paradigma che, se attuato, potrebbe ampliare la platea dei risparmiatori e migliorare la circolazione del debito, con benefici sull’efficienza del mercato.

LA VARIABILE REGOLATORIA E IL NODO DELLA FIDUCIA
Perché gran parte delle stablecoin non ha corso in Europa? La risposta sta nella regolamentazione Ue, severa soprattutto sulla custodia delle riserve a garanzia dell’immediata convertibilità in moneta sovrana. È un vincolo, ma anche un’opportunità: chi riesce a conformarsi conquista credibilità.

La proposta Eur-Bank nasce precisamente con questa ambizione, cercando di trasformare la compliance in un vantaggio competitivo. La fiducia, in altre parole, non è un’opzione estetica ma l’asset centrale: consente a imprese e famiglie di considerare una stablecoin non come un esperimento, bensì come un mezzo di scambio e una riserva di valore con utilità concreta.

STRATEGIA O ILLUSIONE? LE DOMANDE GIUSTE DA PORSI
La domanda è semplice e spigolosa: l’Europa riuscirà a costruire una stablecoin di massa, interoperabile, accettata oltre i confini nazionali? Le iniziative simultanee — Bancomat con Eur-Bank e il consorzio delle 9 banche — possono essere viste come concorrenza o come forza di aggregazione. La storia recente insegna che senza una regia condivisa si rischia di moltiplicare progetti, non gli utenti. Al contrario, se i dialoghi con la Banca d’Italia, con gli azionisti bancari e con gli schemi di pagamento nazionali europei porteranno a standard comuni, la traiettoria cambierà: pagamenti più veloci, costi ridotti, nuovi canali di risparmio e un’infrastruttura adatta a sostenere l’economia reale, dal negozio di quartiere ai mercati internazionali.

La posta in gioco è alta: ridurre la dipendenza da valute digitali ancorate al dollaro e rimettere l’euro al centro delle transazioni nate e regolate su blockchain, con operatività 24/7. È un orizzonte che richiede visione, governance e, soprattutto, massa critica. Bancomat lancia il guanto di sfida, le grandi banche rispondono con un fronte comune: la partita è aperta. 

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