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Caro spesa: in Svezia impazza il “Bojkotta vecka 12”, il boicottaggio dei supermercati

da gennaio 2022 il costo annuo della spesa per una famiglia è aumentato di circa 2.763 euro

Caro spesa: in Svezia impazza il “Bojkotta vecka 12”, il boicottaggio dei supermercati

È cominciata lunedì 24 marzo ed è già diventata una delle proteste più discusse del momento: in Svezia i consumatori hanno deciso di chiudere i portafogli e di disertare i supermercati per un’intera settimana. Lo hanno chiamato “Bojkotta vecka 12”, ovvero “Boicottaggio della settimana 12”, dal numero della settimana in corso. E l’obiettivo è chiaro: protestare contro l’aumento vertiginoso dei prezzi alimentari che sta mettendo in ginocchio migliaia di famiglie.

L'iniziativa, lanciata sui social da migliaia di cittadini stanchi dei rincari, ha trovato terreno fertile su Facebook, Instagram e TikTok, trasformandosi rapidamente in un fenomeno virale e in un tema caldo per la politica nazionale. A riportare i dettagli è The Guardian, secondo cui l’azione ha già generato un acceso dibattito nel Paese.

Secondo le stime dell’agenzia governativa Statistics Sweden, da gennaio 2022 il costo annuo della spesa per una famiglia è aumentato di 30 mila corone svedesi, pari a circa 2.763 euro. Un dato che pesa, soprattutto per le fasce più fragili della popolazione.

Il simbolo della protesta? Il caffè. Un pacco da 500 grammi potrebbe presto toccare la soglia delle 100 corone (circa 9,21 euro), trasformandosi nel simbolo di una spesa quotidiana sempre più insostenibile.

Dietro la rabbia dei consumatori, non c’è solo l’inflazione o l’instabilità geopolitica. A finire nel mirino è l’intero sistema della grande distribuzione, accusato di approfittare della situazione. In particolare, si parla di un oligopolio in cui pochi attori – tra cui Ica, Coop, Lidl e Willys – dominano il mercato con scarsa concorrenza e margini di guadagno altissimi.

Le catene si difendono: “Non è colpa nostra, i rincari derivano da materie prime sempre più costose e da raccolti danneggiati da eventi climatici estremi”.

Non è un caso isolato. Il boicottaggio svedese si inserisce in un’ondata di proteste che nelle ultime settimane ha coinvolto Bulgaria, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia. In Bulgaria, il calo delle vendite post-boicottaggio ha toccato punte del 30%.

Secondo la piattaforma Matpriskollen, che monitora l’andamento dei prezzi, i rincari colpiscono tutti i fronti: da cioccolato (+24,9% in un anno) a grassi da cucina (+7,2% in un mese), passando per formaggi (+6,4%) e latte (+5,4%). Numeri che alimentano la frustrazione popolare.

Finora, l’esecutivo ha mantenuto una posizione prudente. Il ministro degli Affari rurali, Peter Kullgren, ha riconosciuto le difficoltà vissute dalle famiglie, pur senza sostenere apertamente il boicottaggio. Il ministro delle Finanze, Elisabeth Svantesson, ha ricordato che l’inflazione è passata dal 10% del 2022 all’1,3% di febbraio 2025. Ma ammette: i prezzi dei beni alimentari restano persistentemente alti.

La scorsa settimana il governo ha presentato una nuova strategia alimentare, che punta a rafforzare la produzione interna e a spezzare la dipendenza da filiere internazionali. Un piano ambizioso, che però dovrà fare i conti con la pazienza – sempre più esaurita – dei cittadini.

Un carrello vuoto come segnale di protesta. La Svezia si unisce al coro europeo che chiede più giustizia, più trasparenza e meno speculazioni nella filiera alimentare. Resta da capire se il silenzio degli scaffali riuscirà a far rumore nei palazzi del potere.

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