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09 Aprile 2025 - 17:30
La conquista dello spazio ha un problema che profuma poco di futuro: quello dei rifiuti. Feci, urina, imballaggi monouso, scarti alimentari e materiali di consumo. Se l’umanità sogna una presenza stabile sulla Luna – e un giorno su Marte – deve imparare a gestire anche il proprio lato meno poetico. La NASA lo sa bene, e corre ai ripari prima che il suolo lunare si trasformi nella discarica del sistema solare.
L’agenzia spaziale americana, in collaborazione con la University of Alabama, ha lanciato la LunaRecycle Challenge, un bando internazionale con un montepremi di 3 milioni di dollari. L’obiettivo? Progettare sistemi innovativi per il riciclo dei rifiuti nello spazio. Una sfida che fonde ingegno, tecnologia e visione ambientale in un’epoca in cui la space economy cresce a ritmi esponenziali, e la presenza umana fuori dalla Terra si prepara a diventare quotidianità.
Il problema non è nuovo, ma oggi diventa urgente. Durante le missioni Apollo, l’attenzione all’ambiente era pressoché assente: gli astronauti lasciavano dietro di sé tutto ciò che non serviva. Risultato? Sul suolo lunare giacciono ancora 96 sacchetti di immondizia, contenenti escrementi, vomito e altri scarti umani, vestigia del glorioso passato dell’esplorazione. Con le future basi permanenti previste nei prossimi decenni, la quantità di rifiuti è destinata ad aumentare drasticamente. E riportare tutto sulla Terra, tra costi e carburante, non è affatto sostenibile. La parola d’ordine, quindi, è una sola: riciclare in loco.
La LunaRecycle Challenge si articola in due percorsi. Il primo, Prototype Build Track, punta allo sviluppo concreto di componenti hardware capaci di riciclare rifiuti solidi direttamente sulla superficie lunare. Il secondo, Digital Twin Track, è dedicato alla progettazione virtuale di un’intera linea di trattamento: dalla raccolta allo smaltimento, fino alla trasformazione in nuove risorse.
Sì, perché l’obiettivo finale è proprio questo: trasformare gli scarti in materiali utili. Materie prime da riconvertire in carburanti, fertilizzanti, elementi per la stampa 3D, persino materiali da costruzione. Il tutto alimentato da una visione circolare che inizia a 384mila chilometri da casa nostra. Un modello che – se funzionerà – potrebbe trovare applicazione anche qui, sul pianeta in cui i rifiuti sono un problema fin troppo terrestre.
Le iscrizioni si sono appena chiuse. Ora la palla passa alle giurie tecniche, che valuteranno le proposte migliori. I progetti selezionati accederanno a una seconda fase, in cui si passerà dal sogno al prototipo, dal concept alla realtà. La posta in gioco non è solo economica: chi vincerà contribuirà a scrivere una nuova pagina dell’esplorazione spaziale, in cui sostenibilità e innovazione andranno finalmente nella stessa direzione.
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