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Università
08 Maggio 2025 - 04:00
Il prossimo lunedì 12 maggio 2025, le università italiane saranno attraversate da una nuova giornata di sciopero e mobilitazione nazionale. A incrociare le braccia sarà il personale precario del mondo accademico: ricercatori a tempo determinato, assegnisti di ricerca, collaboratori e tutte le figure con contratti a termine attualmente impiegate negli atenei pubblici. A proclamare lo sciopero sono stati diversi sindacati e realtà associative, tra cui la FLC CGIL, l’ADI, CLAP, ADL Cobas, USB, CUB e Confederazione Cobas, in risposta a un quadro giudicato sempre più critico e instabile per il comparto universitario.
Lo sciopero si inserisce in un percorso di mobilitazione iniziato mesi fa e già sfociato in assemblee nazionali, presidi, lezioni in piazza e una giornata di protesta lo scorso 20 marzo che ha coinvolto oltre venti atenei. Al centro della protesta, la denuncia del progressivo impoverimento del sistema universitario pubblico, con particolare riferimento alla condizione di precarietà diffusa tra i ricercatori e alla riduzione dei finanziamenti.
Tra i principali motivi dello sciopero del 12 maggio vi è il taglio al Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), che nel 2024 ha subito una decurtazione di oltre 500 milioni di euro, e la chiusura anticipata del piano straordinario di reclutamento, con conseguente eliminazione delle risorse già previste per il 2025 e il 2026. A questo si aggiunge la conclusione dei finanziamenti PNRR, che potrebbe determinare l’uscita dal sistema universitario di circa 10.000 RTD-A e oltre 24.000 assegnisti di ricerca.
Le sigle sindacali contestano inoltre il disegno di legge 1240 promosso dal Ministero dell’Università e della Ricerca, che introdurrebbe nuove figure professionali precarie e prive di adeguate tutele nel cosiddetto “pre-ruolo universitario”. Sebbene la proposta normativa sia stata temporaneamente sospesa a seguito di un esposto presentato a livello europeo, nei giorni scorsi il governo ha avanzato un emendamento al DL 45 per riproporre, in modo surrettizio, alcuni degli elementi più discussi della riforma.
Lo sciopero del 12 maggio punta a sollevare l’attenzione pubblica e politica su una realtà che coinvolge circa 30.000 lavoratori della ricerca a rischio espulsione, chiedendo interventi strutturali e un piano straordinario per la stabilizzazione del personale. Le rivendicazioni comprendono anche un incremento di almeno 5 miliardi di euro al FFO nei prossimi cinque anni, la valorizzazione dei contratti di ricerca introdotti dalla legge 79/2022 e l’adozione di misure analoghe a quelle previste per la stabilizzazione del precariato nella pubblica amministrazione.
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