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Petizione europea contro le terapie di conversione LGBTQ+ nell’UE: Italia fanalino di coda nelle firme

La petizione denuncia la scarsa mobilitazione italiana e il primo riconoscimento giuridico delle pratiche di conversione nell’Unione

Petizione europea contro le terapie di conversione LGBTQ+ nell’UE: Italia fanalino di coda nelle firme

Foto di repertorio

Nonostante il lancio da mesi di una petizione europea per vietare le “pratiche di conversione” rivolte alle persone LGBTQIA+, l'Italia si posiziona fanalino di coda tra i Paesi europei per la raccolta firme. Solo il 30% delle sottoscrizioni necessarie è stato raggiunto, molto distante dal 78% dei Paesi Bassi, dal 118% della Spagna, dal 313% della Francia e dal 72% della Slovenia.

La petizione, la cui raccolta firme terminerà il 17 maggio, mira a spingere la Commissione Europea a introdurre un divieto vincolante contro queste pratiche, che spesso si celano dietro sedicenti terapie o rituali religiosi volti a reprimere o modificare l'orientamento sessuale e l'identità di genere. Le Nazioni Unite le hanno equiparate a forme di tortura, mentre diversi Stati membri hanno già adottato divieti, ma manca ancora una normativa comune in tutta l'UE.

Le pratiche di conversione includono trattamenti medici, “cure” psicologiche, esorcismi e altre manipolazioni, tutte basate sulla convinzione che omosessualità o identità trans siano malattie da correggere. L'ONU ha sottolineato i gravi danni fisici e psicologici causati da tali interventi, confermati da dati che indicano una quota significativa di persone LGBTQ+ europee e mondiali esposte a queste pressioni.

A oggi, la petizione richiede alla Commissione europea di proporre una direttiva che vieti espressamente tali pratiche, includendole tra i reati dell'Unione, di modificare la direttiva sulla parità e di garantire assistenza e protezione alle vittime, oltre ad adottare una risoluzione per invitare gli Stati membri a intervenire. La firma può essere depositata online sul sito ufficiale dell'iniziativa.

Parallelamente, la Commissione LIBE del Parlamento europeo ha approvato due emendamenti storici presentati dall'eurodeputato Alessandro Zan (PD). Per la prima volta un testo legislativo europeo introduce la definizione giuridica di “pratiche di conversione” e riconosce la loro natura violenta e lesiva della dignità umana. Inoltre, viene inserita una circostanza aggravante per i reati sessuali su minori motivati da discriminazione legata all'orientamento sessuale. Le associazioni LGBTQIA+ italiane denunciano però una generale indifferenza e un clima politico ostile, alimentato da discorsi e leggi che ostacolano la tutela effettiva dei diritti. 

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