l'editoriale
Cerca
Lavoro e Salute Mentale
15 Maggio 2025 - 16:00
Polygamous working: sembra il titolo di una nuova serie distopica, e invece è la realtà sempre più diffusa tra impiegati a tempo pieno che, di nascosto dai loro datori di lavoro, portano avanti due – a volte tre – occupazioni parallele.
Questa volta non si parla di lavoratori freelance che si destreggiano tra commesse diverse e clienti variabili. Qui il focus è un altro: dipendenti con contratto regolare, spesso full time, che lavorano simultaneamente per più aziende, incastrando orari, ruoli e identità professionali come in un tetris infinito. Il tutto, naturalmente, nel massimo riserbo.
Il polygamous working ha messo radici nel 2020, quando il lavoro da remoto e l’incertezza economica portati dal Covid-19 hanno spinto molti lavoratori a cercare soluzioni di sopravvivenza. In molti casi, l’idea era semplice quanto potente: doppio lavoro = doppio stipendio. Reddit, LinkedIn e i forum di settore sono pieni di racconti di chi, grazie al secondo impiego, ha comprato casa, cambiato auto o semplicemente respirato dopo mesi di instabilità.
Ma la regola d’oro è chiara: non parlarne mai. Ufficialmente, questi lavoratori sono ancora fedeli al proprio datore principale. Dietro le quinte, però, gestiscono due account aziendali e si barcamenano tra scadenze parallele. Alcuni lo fanno sfruttando i fusi orari diversi delle aziende per cui lavorano; altri puntano su aziende enormi, dove restare anonimi è più facile. Il tutto, sempre sull’orlo del burnout.
In molti Paesi, il polygamous working non è tecnicamente illegale, ma non è nemmeno ben visto. Nel Regno Unito, ad esempio, violare il codice di condotta aziendale può costare il licenziamento immediato. In Italia, la doppia attività è consentita solo in forma part-time e nel rispetto di limiti orari (48 ore settimanali) e clausole di non concorrenza. La trasparenza è richiesta, ma nella pratica è l’elemento più eluso.
Il guadagno è reale, ma anche il rischio: aumentano le imposte, si moltiplicano i doveri, si riduce il margine per il riposo. E, soprattutto, si compromette l’equilibrio psico-fisico.
Avere due lavori non significa solo raddoppiare l’impegno: significa raddoppiare l’ansia, la pressione, la paura di essere scoperti. Gli esperti di salute mentale parlano di un’escalation silenziosa: insonnia, difficoltà di concentrazione, senso di colpa, alienazione. Il tempo libero scompare, le relazioni personali si diradano, la vita si riduce a una sequenza di task da chiudere senza soluzione di continuità.
Il burnout – che un tempo colpiva chi lavorava troppo per un solo datore – oggi si affaccia con maggiore intensità tra chi ha scelto (o si è trovato costretto) a moltiplicare le fonti di reddito. E se la stanchezza era una sensazione sopportabile, oggi diventa una condizione esistenziale.
Il polygamous working nasce da un bisogno e cresce in un vuoto: quello normativo, ma soprattutto quello psicologico. È il riflesso di un’epoca in cui la sicurezza lavorativa è diventata un miraggio e in cui la flessibilità ha superato il punto di rottura.
Certo, per alcuni è una scelta temporanea, un investimento sul proprio futuro. Ma per molti è un compromesso costoso, in cui il benessere mentale è la prima moneta di scambio. E in un mondo che predica l’autoimprenditorialità e l’ottimizzazione delle risorse personali, forse è il momento di chiederci: quante vite lavorative possiamo davvero sostenere, prima di perdere la nostra?
I più letti
CronacaQui.it | Direttore responsabile: Andrea Monticone
Vicedirettore: Marco Bardesono Capo servizio cronaca: Claudio Neve
Editore: Editoriale Argo s.r.l. Via Principe Tommaso 30 – 10125 Torino | C.F.08313560016 | P.IVA.08313560016. Redazione Torino: via Principe Tommaso, 30 – 10125 Torino |Tel. 011.6669, Email redazione@cronacaqui.it. Fax. 0116669232 ISSN 2611-2272 Consiglio di amministrazione: Presidente Massimo Massano | Consigliere, Direttore emerito e resp. trattamento dati e sicurezza: Beppe Fossati
Registrazione tribunale n° 1877 del 14.03.1950 Tribunale di Milano
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo..