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Psicologia e sentimenti

L’arte di sparire: perché il ghosting è diventato la lingua dei sentimenti fragili

La chiusura silenziosa che rivela le nostre paure e fragilità emotive, lasciando cicatrici invisibili

L’arte di sparire: perché il ghosting è diventato la lingua dei sentimenti fragili

Vi è mai capitato di parlare con una persona, pensando che tra di voi stia andando tutto bene, li salutate pensando di risentirli e rivederli il giorno dopo ma poi spariscono nel nulla? E senza dare nessuna spiegazione sul perché? Di questi giorni, con la tecnologia che in teoria dovrebbe unirci, ci porta più lontano che la galassia di Star Wars. Perché le persone fanno ghosting? Che cosa li spinge ad abbandonare un'intera relazione senza dire il perché? 

Cos’è il ghosting, davvero?

Ghosting non è solo ignorare un messaggio. È una chiusura silenziosa, improvvisa, spesso definitiva. Un clic invisibile che cancella ogni tipo di legame, come se quel rapporto non fosse mai esistito, lasciando l’altra persona sorpresa e sospesa in una domanda senza risposta. Accade nei flirt su app, nei rapporti d’amicizia, persino tra colleghi o familiari. La sua forza sta nel suo silenzio: non concede né una fine chiara né la possibilità di reagire. 

Perché ghostiamo?

Sparire è più facile che spiegare. Viviamo un tempo in cui l’esposizione emotiva è continua, ma la disponibilità emotiva è minima. Il ghosting nasce da un mix tossico di:

  • Paura del confronto (evitare il disagio di dire “non ti voglio più”);
  • Saturazione relazionale (con così tante connessioni, tutto sembra sostituibile),
  • E un narcisismo inconsapevole (ci concentriamo su ciò che ci fa stare bene, subito, evitando ciò che ci disturba).

In altre parole: il ghosting è una scorciatoia emotiva. Ma dietro quella scorciatoia, c’è una frattura culturale più profonda. 

Il danno invisibile di chi viene ghostato

Chi subisce ghosting spesso si sente smarrito, in colpa, mai abbastanza. Senza spiegazione, il rifiuto diventa un buco nero: l’assenza di risposta costringe a riempirla con le proprie insicurezze. Si tratta di un micro-trauma: non fa notizia, ma lascia tracce. Perché non chiude davvero, e non apre a una nuova fase. Resta lì, sospeso.

Il ghosting è anche il prodotto di un’epoca: relazioni sempre più veloci, meno profonde, socialmente “intercambiabili”. Ma è anche una difesa. In un mondo che ci insegna a performare efficienza, anche i sentimenti diventano ottimizzati: se una persona richiede sforzo, la si rimuove. Come si fa con un’app.

Ma se tutto si rimuove, niente si elabora. E prima o poi, ci ritroviamo anche noi dalla parte di chi è stato lasciato in sospeso.

Come si sopravvive al silenzio

Riprendersi da un ghosting non è facile, perché non c’è un nemico da odiare, né una scena finale su cui chiudere il sipario. Ma c’è una verità utile da tenere a mente: non ricevere una risposta non è colpa tua. Il silenzio dell’altro parla della sua incapacità, non del tuo valore.

Ricominciare significa dare un nome a ciò che è successo, riconoscere il dolore che ha lasciato, e poi spostare lo sguardo. Non cercando risposte in chi se n’è andato, ma ricentrando te stesso. Parlane. Scrivine. Condividilo. È nel confronto con chi resta che si costruisce la cura.

Perché alla fine, chi ha il coraggio di restare, anche solo per dirsi addio, è già qualcuno che ha scelto di esserci davvero. E questo, oggi, è più raro e prezioso di qualsiasi messaggio visualizzato.

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