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26 Maggio 2025 - 12:55
Il cortocircuito dei social media: come lo stress da smartphone alimenta la disinformazione online
Come si propaga la disinformazione? Essa si amplifica attraverso i social media per mezzo di "like", commenti e condivisioni di post fuorvianti da parte di chi trascorre troppo tempo a scorrere i contenuti sullo smartphone. Lo stress derivante dal tempo sottratto ad altre attività nella vita reale rappresenta la principale causa di tale cortocircuito, sia che ciò avvenga in modo involontario, aderendo per primi a tali contenuti, sia intenzionalmente, con l'obiettivo di diffondere ulteriormente la disinformazione.
I social media sono ormai una presenza costante nella vita quotidiana, tanto che alcune persone ne abusano. Un recente studio, condotto da Dar Meshi, professore associato e coautore, pubblicato sulla rivista PLOS One, ha rivelato che l'uso problematico di queste piattaforme è collegato a una maggiore inclinazione a credere e a interagire con la disinformazione, amplificandone così la diffusione. Allo studio hanno partecipato circa 200 giovani di età compresa tra i 18 e i 26 anni, i quali sono stati sottoposti a questionari che includevano notizie presentate sotto forma di post sui social media. Dieci notizie erano vere, mentre altre dieci erano false, con ordine di presentazione randomizzato. Dall'analisi delle reazioni dei partecipanti, valutata attraverso il loro giudizio di credibilità sui post, le intenzioni di interazione come cliccare, commentare, mettere "Mi piace" e condividere, oltre alla valutazione del loro livello di uso problematico dei social media, è emerso che coloro che trascorrevano molto tempo online tendevano a considerare veri i post falsi e interagivano con essi indipendentemente dalla loro veridicità, cliccando più frequentemente sulle notizie non autentiche.
La ricerca ha evidenziato che la disinformazione si propaga sui social media a una velocità maggiore rispetto alle notizie vere. Per questo motivo, gli studiosi lanciano un appello alle grandi aziende proprietarie delle principali piattaforme social, suggerendo che, attraverso la collaborazione, si potrebbero ideare strategie per aiutare gli utenti a ridurre l'esposizione alle fake news e limitare la condivisione compulsiva.
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