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Ciliegie
30 Maggio 2025 - 16:00
In Puglia, cuore pulsante della cerasicoltura italiana, quest’anno la raccolta delle ciliegie è stata un’ecatombe agricola. I numeri parlano chiaro, ma è la terra a gridare più forte: vento, pioggia e grandine hanno devastato intere coltivazioni, lasciando i produttori in balia di una stagione che più che primaverile è sembrata una roulette russa climatica.
Tutto è iniziato prima ancora che le ciliegie sbocciassero. Gelate notturne, piogge insistenti durante la fioritura e scirocco a go-go hanno ridotto drasticamente la produzione. Massimiliano Del Core, presidente di Confagricoltura Bari-BAT, ha parlato senza giri di parole: “In certi casi raccogliere è persino anti-economico. Le rese sono sotto i 5 quintali per ettaro”. E in un comparto fatto di piccoli produttori, il danno non è solo agricolo: è identitario, sociale, culturale.
La Campania, seconda per quantità di ciliegie raccolte dopo la Puglia, non ride affatto: anche lì, tra i filari di Chiaiano, la raccolta è crollata del 60%. Risultato? Addio alla storica festa della ciliegia. E se annullare una sagra non è (solo) folklore, è il termometro di un settore che si sta sciogliendo come neve al sole.
Prezzi fuori stagione, consumi in picchiata
Intanto nei mercati rionali e nei supermercati delle grandi città, le ciliegie sono diventate un bene di lusso. A Milano si sfiorano i 20 euro al chilo. Il consumatore si ritrae, il carrello si svuota e il prodotto – se non marcito – resta invenduto. L’aumento dei prezzi non è più solo figlio della filiera lunga e dei costi energetici (come nel 2022), ma dell’assenza stessa del prodotto.
E quando le ciliegie italiane scarseggiano, quelle spagnole avanzano. Sugli scaffali della GDO si fanno largo varietà d’importazione a prezzi più bassi, con buona pace di chi sperava di vendere la propria Ferrovia – fiore all’occhiello pugliese – a stagione inoltrata.
Nonostante tutto, la comunità non si arrende. La Sagra della Ciliegia di Turi e Conversano si farà, come atto simbolico di resistenza e appartenenza. Ma serve molto di più: servono investimenti, visione, politiche agricole adeguate al peso del settore.
Oggi in Puglia si contano oltre 16mila ettari coltivati a ciliegio e 7mila aziende coinvolte, ma il comparto resta frammentato, fragile, troppo esposto a un clima che ha smesso di essere prevedibile. Coperture contro pioggia e grandine? Esistono, ma costano. Innovazione varietale? Fondamentale, ma senza contratti di filiera seri e bandi regionali più solidi si resta al palo.
Coldiretti l’ha definita “tropicalizzazione”: fenomeni violenti, repentini, improvvisi. Più che una tendenza, una certezza che si abbatte sul settore agricolo come un pugno. E le ciliegie, che devono maturare sugli alberi – non in cella – sono le prime vittime. Nessun altro frutto è così vulnerabile alla pioggia o al vento. Basta poco per spaccarne la buccia e mandare all’aria mesi di lavoro.
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