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03 Giugno 2025 - 21:30
C’è chi piange di nascosto, chi si vergogna, chi trattiene tutto fino al mal di testa. Per secoli, le lacrime sono state considerate un segno di debolezza. Ma oggi, tra scoperte scientifiche e nuove pratiche culturali, il pianto sta lentamente tornando a essere ciò che è sempre stato: un gesto umano, potente, liberatorio. Fa bene, al corpo e alla mente. E a Tokyo c'è persino chi ha fatto delle lacrime una vera arte: un maestro che insegna a piangere.
Ma andiamo con ordine. Dal punto di vista fisico, piangere attiva una serie di meccanismi sorprendenti. Quando le emozioni diventano troppo intense, il cervello innesca la produzione di endorfine e ossitocina, due ormoni fondamentali per il nostro equilibrio: le prime sono antidolorifici naturali, la seconda favorisce il rilassamento e il senso di fiducia. Come dopo una lunga corsa o un abbraccio sincero, anche dopo un pianto si può provare una strana leggerezza. Non è un’illusione: è chimica.
Le lacrime emotive non sono solo acqua salata. Portano con sé tensioni, ricordi, ansie, parole mai dette. E mentre scendono, qualcosa si scioglie. Si abbassano i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, il cuore rallenta, i muscoli si distendono. È come un reset del sistema nervoso. Il pianto non ci indebolisce, ci riequilibra.
Anche la psicologia lo conferma: esprimere le emozioni, anziché reprimerle, aiuta a gestire situazioni difficili, ad affrontare traumi, a superare periodi di forte stress. Piangere è un atto di onestà con se stessi. Un modo per dire: “mi ascolto, non fingo di stare bene”. Eppure, nella società dell’efficienza e del controllo, mostrare fragilità resta ancora un tabù. Soprattutto tra gli uomini, per cui le lacrime sono spesso associate a vergogna o perdita di autorità. Ma qualcosa sta cambiando. Sempre più personaggi pubblici parlano apertamente della propria emotività. E in Giappone, paese noto per la riservatezza e l’autodisciplina, è nato persino un luogo dove si va... a piangere.
Si chiama Tears and Travel Café e si trova a Tokyo. Qui, l’ex insegnante Hidefumi Yoshida — ribattezzato namida sensei, maestro delle lacrime — organizza incontri settimanali per imparare a lasciarsi andare. Niente discorsi motivazionali, ma film, immagini della natura e storie commoventi pensate per stimolare il pianto. “Più forte piangi, meglio ti senti”, ripete Yoshida. Un’idea rivoluzionaria in una cultura che ha sempre premiato il controllo. Eppure il successo è stato enorme: oltre 50.000 persone hanno già partecipato ai suoi workshop, anche all’estero.
Il messaggio è semplice, ma potente: piangere non è un segno di cedimento, è un atto di cura. Un gesto che ci ricorda che siamo vivi, sensibili, in ascolto di ciò che proviamo. E forse, imparare a piangere — o semplicemente concederselo — può essere il primo passo verso un benessere più autentico.
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