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L'allarme
04 Giugno 2025 - 01:15
La domanda di energia necessaria per alimentare l’intelligenza artificiale (IA) sta crescendo a una velocità preoccupante, tanto che, secondo una recente analisi pubblicata sulla rivista Joule, entro la fine del 2025 l’IA potrebbe assorbire quasi la metà dell’elettricità consumata a livello globale dai data center. Un dato che solleva non solo questioni ambientali, ma anche dubbi sulla sostenibilità di un’infrastruttura energetica già sotto pressione per la digitalizzazione crescente.
A guidare questa indagine è Alex de Vries-Gao, dottorando all’Istituto di Studi Ambientali della Vrije Universiteit di Amsterdam, già noto per le sue ricerche sull’impatto energetico delle criptovalute e promotore del progetto Digiconomist. Secondo le sue stime, l’IA rappresenta già circa un quinto del consumo elettrico dei data center mondiali, un dato però difficile da verificare a causa della scarsa trasparenza delle grandi aziende tecnologiche sulle risorse dedicate ai loro modelli di intelligenza artificiale.
La metodologia adottata si basa su una “triangolazione” di dati riguardanti la catena di approvvigionamento dei chip specializzati per l’IA, unendo informazioni tecniche pubbliche, stime degli analisti e dati provenienti da conference call aziendali. Questo approccio ha permesso di stimare sia la produzione dell’hardware che il relativo consumo energetico.
Negli Stati Uniti, dove si concentra la maggior parte dei data center, la crescita della domanda energetica legata all’IA ha spinto le compagnie elettriche a pianificare la costruzione di nuove centrali a gas e reattori nucleari, una mossa che rischia di rallentare gli sforzi per la transizione verso fonti di energia rinnovabile.
De Vries-Gao sottolinea un parallelismo con il mondo delle criptovalute, dove la filosofia del “più grande è meglio” ha portato a un aumento spropositato delle risorse consumate per competere sul mercato. “Le grandi aziende tecnologiche continuano a ingrandire i loro modelli, puntando ad avere quello più potente, ma questo si traduce inevitabilmente in un aumento enorme delle richieste energetiche”, afferma il ricercatore.
Un ulteriore problema è rappresentato dalla mancanza di dati precisi e disaggregati sui consumi energetici specifici dell’IA. Nonostante molte aziende dichiarino impegni ambientali e pubblichino report sulla sostenibilità, raramente vengono forniti numeri dettagliati sull’impatto reale dei loro sistemi di intelligenza artificiale.
Le stime più recenti indicano che l’hardware specializzato per l’IA ha consumato nel 2024 tanta elettricità quanto l’intera nazione dei Paesi Bassi, mentre entro il 2025 si prevede che il fabbisogno energetico dell’IA possa raggiungere i 23 gigawatt, pari al consumo di un paese grande come il Regno Unito.
Un rapporto della società di consulenza ICF conferma questa tendenza, prevedendo un aumento del 25% della domanda elettrica negli Stati Uniti entro la fine del decennio, alimentata principalmente da IA, data center tradizionali e mining di Bitcoin.
L’intensità energetica dell’IA dipende da vari fattori, tra cui la complessità delle richieste, la dimensione dei modelli e la composizione del mix energetico locale. Per esempio, un utente che utilizza l’IA in West Virginia potrebbe generare quasi il doppio delle emissioni di carbonio rispetto a uno in California, a causa della diversa fonte di energia impiegata.
Un rischio concreto è il paradosso di Jevons: anche se i modelli diventassero più efficienti, l’aumento dell’uso potrebbe portare a un incremento complessivo del consumo energetico. “È assurdo che sia così difficile quantificare il consumo reale dell’IA,” commenta de Vries-Gao. “Non si può gestire ciò che non si può misurare.”
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