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Politica Internazionale
03 Giugno 2025 - 21:29
Macron e Meloni
Stretta di mano, sorrisi istituzionali, baci davanti alle telecamere. A Palazzo Chigi, martedì 3 giugno, è andata in scena la tregua diplomatica tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron. Un incontro fortemente voluto dall'Eliseo, segnale che anche Parigi ha bisogno di Roma per ridisegnare l'architettura della politica estera europea. E viceversa.
Dopo settimane di gelo e botta e risposta a distanza, soprattutto in merito all'assenza dell'Italia al summit dei “Volenterosi” sull'Ucraina, la premier italiana e il presidente francese si sono seduti uno di fronte all'altra per un bilaterale tanto atteso quanto necessario. Macron è arrivato nel tardo pomeriggio, accolto dal picchetto d'onore e da una coreografia militare che ha accompagnato l'inno francese e l'inno di Mameli. Un cerimoniale solenne a fare da cornice a una discussione che di formale ha avuto ben poco.
Sul tavolo, ovviamente, l'emergenza ucraina, rilanciata dopo i colloqui poco fruttuosi di Istanbul. Italia e Francia, dicono in coro, restano “incrollabilmente” al fianco di Kiev, ma con strategie che, negli ultimi mesi, hanno mostrato divergenze più che convergenze. Se Macron punta sulla pressione diplomatica con Zelensky e non ha mai escluso scenari militari, Meloni continua a tenere il punto: niente truppe italiane sul terreno.
C'è poi il Medio Oriente, con il dossier Gaza sempre più rovente e il bisogno di una linea europea comune. Francia e Italia condividono l'urgenza di un cessate il fuoco e di un maggiore coordinamento nel Mediterraneo, dove instabilità e flussi migratori impongono risposte condivise e strutturate. E dove si gioca, forse più che altrove, la credibilità geopolitica del Vecchio Continente.
Ma non è solo di guerra che si parla. All'orizzonte c'è un'altra minaccia: quella commerciale. Il ritorno di Donald Trump sulla scena americana, con la prospettiva di nuovi dazi verso l'Europa, preoccupa e costringe l'asse franco-italiano a rafforzarsi. Roma e Parigi valutano un'azione comune per difendere il mercato europeo da una potenziale guerra commerciale, studiando il mix tra investimenti privati e fondi comuni nel Quadro Finanziario Pluriennale UE.
L'assenza italiana al vertice di Tirana, dove Macron, Starmer, Merz e Tusk hanno incontrato Zelensky senza Meloni, aveva fatto rumore. La premier aveva reagito duramente, accusando chi voleva "minare l'unità dell'Occidente con personalismi" e ribadendo la posizione italiana: nessuna disponibilità all'invio di truppe. Uno strappo che sembrava profondo, ma che — come spesso accade in diplomazia — si è rimarginato con una foto, una cena di lavoro e qualche dichiarazione misurata.
L'incontro con Macron è solo l'inizio di un mese frenetico per Giorgia Meloni. Dopo il faccia a faccia con il premier slovacco Robert Fico, sono in agenda i bilaterali con Antonio Costa, Javier Milei e Mark Rutte. Un'agenda fitta che testimonia l'ambizione della premier italiana: non più comprimaria, ma regista nel teatro internazionale.
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