Cerca

Recensioni televisive del 2025

'Dept. Q – Sezione Casi Irrisolti': il crime europeo che potrebbe sorprendere agli Emmy 2025

La serie Netflix ispirata ai romanzi di Jussi Adler-Olsen punta in alto con una delle storie più cupe e umane dell’anno televisivo

'Dept. Q – Sezione Casi Irrisolti': il crime europeo che potrebbe sorprendere agli Emmy 2025

(ATTENZIONE: QUESTO ARTICOLO È FATTO DI SPOILER DI DEPT.Q - SEZIONE CASI IRRISOLTI) 

Il 15 luglio 2025, andrà in onda su YouTube le nomination alla 77esima edizione degli Emmy Awards, gli "Oscar" della televisione. Progetti come The Bear, The White Lotus, The Studio e Adolescence sono tra i favoriti a ottenere varie candidature e non solo per miglior serie (o miniserie), miglior attore o attrice. 

Ma c'è anche un'altra serie da tener d'occhio che potrebbe portarsi a casa qualche riconoscimento, ovvero Dept.Q - Sezione Casi Irrisolti, prodotto da Netflix e creato da Scott Frank e Chandni Lakhani, basato sul libro danese omonimo. E prima di vedere perché è un ottimo candidato alle nomination degli Emmy dobbiamo sapere per prima...

Di che cosa parla Dept.Q - Sezione Casi Irrisolti?

Il detective Carl Morck (Matthew Goode), un poliziotto segnato da un tragico errore sul campo, viene retrocesso a capo di un nuovo dipartimento di polizia: la Sezione Q, incaricata di riaprire casi vecchi e irrisolti. Inizialmente riluttante, Carl viene affiancato dall'intraprendente assistente siriano Akram (Alexej Manvelov), con cui forma un duo investigativo affiatato e complementare, nonostante il brutto carattere di Carl.

Il primo caso che decidono di riaprire riguarda la scomparsa, quattro anni prima, di una giovane e spietata procuratrice, Merritt Lingard (Chloe Pirrie), presunta suicida. Ma presto emergono incongruenze e dettagli inquietanti, che portano Carl e Akram a scavare in un mistero ben più profondo e oscuro di quanto previsto.

Un giallo danese stile scozzese

La scelta di ambientare questa serie in una regione come quella della Scozia non è stata presa solo per avere un resoconto internazionale, ma anche perché il giallo di Jussi Adler-Olsen è un'abbinazione perfetta ai paesaggi brumosi, coste scoscese e l’atmosfera cupa di Edimburgo, che offre un’ambientazione ideale per un thriller psicologico e investigativo.

Ma c'è un dettaglio che pare più interessante da capire: Carl Morck non è scozzese, ma inglese. E per quanto si voglia credere che la ragione stia nel divario storico e sociale tra inglesi e scozzesi, anche per come si comporta con i colleghi, il suo carattere si allinea con quello del Carl del libro, ma lo rende più autentico per la veridicità della sua ironia secca e il disincanto tipicamente britannico. Questo scontro tra personalità e ambiente alimenta parte della tensione narrativa, rendendo il personaggio ancora più estraneo – e dunque perfetto – per scavare nei segreti nascosti di una Scozia misteriosa e quasi ostile.

Oltre a seguire Carl, la serie ci porta anche nel dramma di Merritt, la procuratrice rapita, che in quattro anni non ha mai compreso il vero motivo dietro quel gesto estremo: una vendetta orchestrata dalla famiglia mentalmente instabile dell’ex fidanzato Harry Jennings, morto dopo aver rapinato casa sua e ridotto suo fratello William all’afasia. Merritt è ignara che il vero responsabile delle condizioni del fratello non è Harry, bensì Lyle, il fratello disturbato di quest’ultimo, che ha architettato il rapimento impersonando Sam, un ex paziente della clinica psichiatrica.

Perché è un ottimo candidato agli Emmy

Dept. Q – Sezione Casi Irrisolti è una serie crime thriller che spazia dal giallo allo psicologico, mostrando il sottile confine tra giustizia e ossessione, tra dovere e redenzione personale. La sua forza non risiede solo nella trama ben costruita, ma in una messa in scena impeccabile: regia elegante, fotografia cupa, recitazioni solide. Matthew Goode dà corpo a un Carl Morck tormentato, sarcastico, profondamente umano, mentre Alexej Manvelov è la perfetta controparte emotiva e pragmatica, portando sullo schermo un personaggio empatico senza mai cadere nel cliché.

Un altro punto a favore è la scrittura, curata da Frank e Lakhani, che non si limita a seguire le regole del genere, ma le piega per scavare a fondo nei traumi personali, nel dolore taciuto delle vittime, nella crudele banalità del male. Non ci sono buoni o cattivi netti, ma zone grigie in cui ogni decisione pesa.

E poi c’è Merritt: una donna forte, spezzata ma non distrutta, interpretata con intensità da Chloe Pirrie, in uno dei ruoli femminili più complessi e stratificati della stagione televisiva. La sua storyline parallela a quella di Carl e Akram rende Dept. Q non solo un procedurale investigativo, ma anche un dramma umano sulla memoria, sul perdono, sulla sopravvivenza.

Con Dept. Q, Netflix dimostra che il crime europeo non solo tiene testa ai giganti americani, ma li supera in intensità e profondità. Gli Emmy farebbero bene a prenderne nota.

Voto finale: 9/10

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.