Un tempo considerato un tumore rarissimo, oggi è sotto i riflettori per un trend preoccupante: l’adenocarcinoma dell’appendice sta registrando una crescita significativa tra le fasce più giovani della popolazione. A lanciare l’allarme è uno studio appena pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine, che ha analizzato i dati raccolti negli Stati Uniti in oltre quarant’anni di sorveglianza oncologica.
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I numeri parlano chiaro: tra i nati nel 1980, i casi di adenocarcinoma sono triplicati rispetto alla coorte del 1945. Tra i nati nel 1985, il numero è quadruplicato. Uno scatto improvviso e inatteso per un tumore che, secondo il National Cancer Institute, colpisce appena 1 o 2 persone ogni milione, ma che oggi preoccupa gli esperti per la sua correlazione con l’aumento generale dei tumori gastrointestinali nei giovani adulti.
Condotto dal team della professoressa Andreana Holowatyj del Vanderbilt University Medical Center di Nashville, lo studio ha analizzato i dati di 4.858 diagnosi registrate tra il 1975 e il 2019. I ricercatori hanno attinto al programma di sorveglianza nazionale oncologica, che copre circa il 46% della popolazione statunitense, suddividendo i casi per gruppi anagrafici per individuare le tendenze nel tempo.
Uno degli aspetti più insidiosi del tumore dell’appendice è la quasi totale assenza di sintomi specifici. Secondo gli studiosi, il 95% delle diagnosi avviene solo in seguito a un attacco di appendicite, rendendo impossibile una prevenzione o una diagnosi precoce.
Il fenomeno, secondo gli esperti, non è isolato. Tendenze simili sono state osservate per altri tumori dell’apparato digerente, suggerendo la possibile esistenza di una causa comune e sistemica. Il dottor Andrea Cercek, oncologo al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, ha sottolineato a NBC News che con ogni probabilità non esiste un unico colpevole, ma un insieme di fattori ambientali e comportamentali: cambiamenti nella dieta, nello stile di vita, nell’esposizione a sostanze inquinanti come le microplastiche.
Per la comunità scientifica, è chiaro che si tratta di un segnale d’allarme. E che urge una risposta rapida e trasversale della ricerca, prima che questi tumori rari diventino una minaccia epidemiologica per le nuove generazioni.