Il lato oscuro della rete continua a colpire. Secondo l’ultimo rapporto dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), un italiano su due ha già avuto a che fare con contenuti d’odio, revenge porn o gravi forme di disinformazione online. Un dato allarmante, che emerge dal documento “I fabbisogni di alfabetizzazione mediatica e digitale nella popolazione italiana”, presentato il 3 luglio a Roma dal presidente Giacomo Lasorella, insieme al commissario Massimiliano Capitanio e al direttore del Servizio Studi Mario Staderini.
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L’indagine, condotta su un campione rappresentativo di oltre 7.000 cittadini italiani dai 6 anni in su, rivela un panorama in cui la preoccupazione per la sicurezza digitale è diffusa ma non sempre accompagnata da consapevolezza e strumenti adeguati.
Oggi il 90% degli italiani naviga ogni giorno, e quasi la metà passa online più di quattro ore al giorno. Tuttavia, la familiarità con Internet non coincide con una reale padronanza dei suoi meccanismi. Il 41% degli utenti sopra i 14 anni non conosce il funzionamento degli algoritmi di raccomandazione – quelli che determinano cosa vediamo nei feed social o nelle home page dei siti – e oltre il 64% ha una alfabetizzazione algoritmica nulla o molto bassa.
Eppure, strumenti per personalizzare e rendere più sicura la propria esperienza online esistono. Il problema è che li usa solo chi ne conosce l’esistenza: tra coloro che sanno di poterlo fare, l’80% applica almeno un filtro editoriale e oltre il 60% segnala i contenuti inappropriati. Ma sono ancora troppi coloro che non chiedono aiuto né cercano informazioni su un uso critico dei media digitali: ben il 44,1% della popolazione, infatti, non si è mai rivolto a nessuno per migliorare la propria consapevolezza digitale.
Nel mondo dei più giovani, la situazione è a due facce. Da un lato, i ragazzi tra i 14 e i 17 anni risultano più inclini a chiedere aiuto: oltre la metà si affida alla famiglia, circa un terzo agli insegnanti, e il 30% trova sostegno tra coetanei e amici. Dall’altro lato, però, i minorenni appaiono meno consapevoli dei rischi reali: cyberbullismo, disinformazione e contenuti inappropriati non vengono percepiti con la stessa gravità degli adulti.
Una risposta concreta arriva dalle famiglie: otto genitori su dieci impongono regole sull’uso della rete, mentre il 13% preferisce il divieto totale. Solo il 4,8% lascia piena libertà ai figli. Le strategie più adottate sono la limitazione di tempo e fasce orarie per l’uso di Internet e l’utilizzo del parental control. L’età e il livello di istruzione dei genitori giocano un ruolo importante: i laureati e gli over 45 adottano più spesso metodi partecipativi e di monitoraggio, mentre i più giovani e meno istruiti tendono a preferire restrizioni nette.
Il dato più preoccupante è forse questo: otto italiani su dieci temono i rischi della rete, ma in molti non sanno come difendersi. Solo un terzo della popolazione dichiara di verificare le fonti dei contenuti che incontra online. E, ancora una volta, l’istruzione fa la differenza: maggiore è il livello di studio, più frequenti sono le pratiche di verifica e segnalazione. Nel frattempo, la tecnologia è onnipresente nella vita quotidiana. Due italiani su tre possiedono una smart TV o un computer portatile e l’80% guarda contenuti digitali anche durante i pasti, soprattutto programmi televisivi. Tra gli under 35, invece, prevalgono i social network e le piattaforme video, usati principalmente per informarsi, comunicare e intrattenersi.
Il report dell’AGCOM non lascia spazio a dubbi: l’Italia è connessa, ma ancora troppo poco preparata. La rete offre opportunità straordinarie, ma senza strumenti critici e senza una reale alfabetizzazione mediatica rischia di trasformarsi in un luogo pericoloso. La strada da percorrere è ancora lunga: servono educazione, consapevolezza e strumenti adatti a ogni fascia d’età.