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Ozzy Osbourne è morto, ma la sua voce ruggisce ancora: i 10 album dei Black Sabbath da riscoprire oggi

Dal debutto oscuro del 1970 al gran finale di "13", ecco la classifica definitiva per ricordare il padrino dell’heavy metal

Ozzy Osbourne è morto, ma la sua voce ruggisce ancora: i 10 album dei Black Sabbath da riscoprire oggi

Ozzy Osbourne ci ha lasciati. Dopo l’ultima esibizione del 5 luglio 2025 a Villa Park, nella natìa Birmingham, i Black Sabbath si erano congedati dal pubblico con un live epico assieme a Metallica e Slayer. Venti giorni dopo, il silenzio. Ma non quello dei fan: perché la voce di Ozzy, con la sua teatralità maledetta, non si spegnerà mai davvero. È nelle canzoni, nei riff, nelle urla immortali. Per questo, oggi, non c'è modo migliore per salutarlo che riascoltare i dischi che hanno fatto la storia.

Ecco allora i 10 album imprescindibili dei Black Sabbath, per ripercorrere il cammino di una band che ha cambiato la musica per sempre.

1. Technical Ecstasy (1976)
Sperimentale, imperfetto, divisivo. L’ultimo disco prima dell’addio (temporaneo) di Ozzy è un tentativo di cambiare pelle: It’s Alright e She’s Gone mostrano un’anima più soft, Dirty Woman punta al futuro. Un album da riascoltare con mente aperta.

2. Mob Rules (1981)
L’era Dio si fa spazio con vigore. Il brano The Sign of the Southern Cross da solo vale il prezzo dell’album. Più muscolare e oscuro del predecessore, meno immediato. Ma un’esplosione di potenza pura.

3. Sabotage (1975)
Ozzy al massimo della forma, Symptom of the Universe che anticipa il metal moderno e una vena sperimentale che culmina nella corale Supertzar. Un disco a tratti delirante, ma di altissima ispirazione.

4. 13 (2013)
L’ultima grande prova in studio, 35 anni dopo. Con la produzione di Rick Rubin, i Sabbath dimostrano di avere ancora qualcosa da dire. God Is Dead? fa vincere loro un Grammy e Zeitgeist è un ritorno in grande stile.

5. Heaven and Hell (1980)
Ronnie James Dio alla voce segna una svolta epica. Neon Knights e Children of the Sea mostrano una band rinata. Lonely Is the Word è un addio malinconico alla voce di Ozzy... almeno per un po’.

6. Sabbath Bloody Sabbath (1973)
Il disco che ha salvato i Sabbath dal collasso creativo. Riff iconici, momenti psichedelici, e il capolavoro A National Acrobat. Un album stratificato, affascinante, potente.

7. Vol. 4 (1972)
La droga è ovunque, ma anche l’ispirazione. Da Changes (piano e cuore) a Supernaut (rabbia pura), passando per Snowblind, dichiarazione d’amore alla cocaina. Eppure tutto funziona. Un caos geniale.

8. Master of Reality (1971)
La nascita ufficiale del doom metal. Sweet Leaf, Children of the Grave, Into the Void: riff ribassati, suono monolitico, potenza bruta. L’essenza del Sabbath sound. Inarrestabile.

9. Black Sabbath (1970)
Il debutto che ha riscritto le regole. Registrato in due giorni, ha lanciato un genere. La title track è puro terrore, N.I.B. un manifesto di ribellione. Se l’heavy metal è un culto, questo è il suo vangelo.

10. Paranoid (1970)
Il capolavoro. War Pigs, Iron Man, Paranoid, Hand of Doom. In 41 minuti, i Sabbath scolpiscono il loro nome nella pietra. Nulla sarà più come prima. Ozzy, Tony, Geezer e Bill toccano la perfezione.

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