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SALUTE & PREVENZIONE
14 Agosto 2025 - 18:40
Un batterio invisibile che può nascondersi in un’insalata pronta, in un panino o in un formaggio morbido. Non ha odore, non ha sapore, eppure può mettere in pericolo la vita di chi lo ingerisce. È il Listeria monocytogenes, il microrganismo che negli ultimi giorni ha riportato l’attenzione dei medici e delle autorità sulla listeriosi, un’infezione alimentare spesso silenziosa ma potenzialmente letale.
In Italia, a settembre 2024, un richiamo di insalata iceberg confezionata di ben 19 marchi diversi, per rischio di contaminazione, ha riportato il tema al centro delle cronache. Non si tratta di un fenomeno isolato: la listeriosi è da anni una presenza insidiosa in diversi Paesi, e la sua diffusione è strettamente legata al consumo di alimenti contaminati.
La listeriosi è una malattia infettiva causata dal Listeria monocytogenes, classificata dall’Istituto Superiore di Sanità tra le tossinfezioni alimentari. Le prime evidenze risalgono alla fine dell’Ottocento negli animali, ma il primo caso umano fu segnalato nel 1929, seguito dal primo caso perinatale nel 1936.
Oggi, nei Paesi occidentali, rappresenta un problema crescente di sanità pubblica. Pur essendo relativamente rara, può causare forme cliniche gravi e tassi di mortalità elevati, soprattutto tra neonati, anziani, donne in gravidanza e persone con sistema immunitario compromesso. La distribuzione di alimenti contaminati su larga scala ha favorito negli ultimi anni focolai frequenti. Nel 2011, nell’Unione Europea, sono stati segnalati circa 1.470 casi con un tasso di mortalità del 12,7%.
Il Listeria monocytogenes è ampiamente presente in natura: vive nel suolo, nell’acqua, nella vegetazione e nelle feci di numerosi animali, che spesso non manifestano sintomi. Può contaminare ogni fase della produzione e del consumo alimentare, sopravvivendo e moltiplicandosi in un intervallo di temperatura che va da 0 a 45°C. Una caratteristica che lo rende particolarmente insidioso è la capacità di persistere anche in alimenti trasformati, conservati e refrigerati.
Alimenti a rischio
Gli alimenti più spesso associati alla listeriosi comprendono pesce e carne cruda o poco cotta, verdure crude, latte non pastorizzato e derivati come formaggi molli e burro. A questi si aggiungono i cibi pronti al consumo, come hot dog, carni fredde, insalate confezionate, panini e pesce affumicato. Più raramente, l’infezione può derivare dal contatto diretto con animali o ambienti contaminati.
Sintomi e complicazioni
Nella forma più comune, la listeriosi provoca gastroenterite con febbre, che può comparire poche ore dopo l’ingestione del cibo contaminato. Nei casi più gravi, i sintomi possono includere febbre alta, endocardite, meningite, encefalite, setticemia, paralisi dei nervi cranici e perdita di funzionalità motoria. Le donne in gravidanza possono sviluppare sintomi simili a una lieve influenza, ma il rischio maggiore è per il feto. Nei soggetti immunodepressi le complicazioni possono essere severe e potenzialmente fatali. Il periodo di incubazione medio è di tre settimane, ma può arrivare fino a 70 giorni.
Cura e prevenzione
La listeriosi si cura con antibiotici, ma il modo migliore per evitarla resta la prevenzione. È fondamentale lavare accuratamente mani, utensili e superfici di lavoro, cuocere in modo adeguato carne, pesce e verdure, pulire con attenzione gli alimenti crudi e rispettare le corrette temperature di conservazione. La diagnosi si basa soprattutto sull’isolamento del batterio da campioni biologici come sangue, liquido cefalorachidiano o amniotico.
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