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La pizza cambia volto

Pizza romana contro napoletana: dove sta andando la “guerra delle lievitazioni” a Torino

Negli ultimi cinque anni Torino è diventata uno dei campi di osservazione privilegiati dell’evoluzione della pizza contemporanea

Pizza romana contro napoletana

Immagine di repertorio

Negli ultimi cinque anni Torino è diventata uno dei campi di osservazione privilegiati dell’evoluzione della pizza contemporanea. Alla tradizionale predominanza del modello napoletano ‒ cornicione alto, impasto idratato, lunga lievitazione e cottura rapida in forno a legna ‒ si affianca oggi una crescita rapida dell’offerta legata allo stile romano, caratterizzato da dischi sottili, croccanti, con bordi ridotti e un approccio più “secco” all’impasto. Alla base della polarizzazione crescente vi è la trasformazione delle abitudini alimentari urbane, con un pubblico disposto ad attribuire alla pizza valori prima riconosciuti solo alla cucina gourmet.

Secondo le rilevazioni della Camera di Commercio di Torino, su 1.902 imprese con attività di pizzeria registrate in città e cintura, oltre il 30% dichiara di proporre esplicitamente concept legati all’impasto napoletano, mentre circa il 14% ha incentrato la proposta sull’impasto romano o “scrocchiarella”. Quest’ultima tendenza, in forte crescita dal 2022 al 2024, è trainata dall’ingresso sul mercato torinese di format provenienti da Roma, come la pizza alla pala e tonda verace croccante, arrivati anche in quartieri tradizionalmente legati alla pizza napoletana, come San Salvario o Vanchiglia.

Nel centro storico si sono affermati nomi campani della nuova generazione (tra cui Diego Vitagliano, Gusto Madre, Carlo Sammarco e Montero), che continuano a puntare su lunghe maturazioni (24–48 ore), cornicioni sviluppati e topping premium. In parallelo, insegne capitoline come Angelo Pezzella, Lievito oppure Emma stanno diffondendo la cultura romana, proposta come alternativa più “croccante leggera” in risposta alla richiesta crescente di pizze meno voluminose.

Sul fronte dei consumatori, stando a un’indagine condotta nel 2024 da Ascom Torino su un campione di 800 clienti abituali, la scelta di una pizza romana è spesso associata alla pausa pranzo o come cena “più digeribile”, mentre la napoletana resta dominante nelle occasioni serali e nel consumo del weekend, attribuita a un’esperienza complessiva più identitaria e tradizionale.

La “guerra delle lievitazioni” si combatte anche sul terreno dei prezzi: la pizza napoletana a Torino ha attualmente una fascia media di 9–14 euro, con punte oltre i 18 euro nelle pizzerie premiate dalle guide; la romana parte da soglie leggermente inferiori (7–10 euro), con margini di crescita più contenuti negli abbinamenti gourmet.

Il trend evidenzia una progressiva segmentazione del mercato cittadino della pizza, dove le due scuole convivono, si contendono pubblico e reputazione, e spesso si ibridano. Molti locali integrano ormai entrambi gli impasti in menu distinti, offrendo al consumatore finale una scelta ragionata in base a digeribilità, croccantezza e gusto.

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