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Animali
23 Agosto 2025 - 00:00
L'Italia si conferma ancora lontana dall'essere un Paese davvero pet-friendly. Lo rivela il XIV rapporto nazionale "Animali in Città" di Legambiente, che fotografa una situazione preoccupante: solo il 39,5% dei comuni italiani analizzati ottiene una valutazione almeno sufficiente nella gestione degli animali d'affezione.
I dati, raccolti su un campione di 734 amministrazioni comunali (appena il 9,3% del totale nazionale), evidenziano un quadro di ritardi strutturali e forti disparità territoriali che penalizzano soprattutto le famiglie più fragili e i comuni dell'entroterra.
IL DIVARIO TRA COSTA E INTERNO
La ricerca mette in luce differenze significative tra comuni costieri e dell'entroterra. Le aree libere per cani, ad esempio, sono presenti nel 36,2% dei comuni costieri ma in appena il 10,4% di quelli interni. Ancora più marcato il gap per i servizi di pensione per animali: disponibili nel 57,3% dei comuni costieri contro il 21,9% di quelli dell'entroterra.
Particolarmente critica la gestione del fine vita degli animali d'affezione: solo il 28% dei comuni costieri e un misero 10% di quelli interni ha predisposto regolamenti per cremazione, tumulazione o inumazione, lasciando molte famiglie senza riferimenti in momenti delicati.
La sensibilità verso il benessere animale si misura anche in piccoli dettagli che fanno la differenza. Per limitare l'uso di botti e fuochi d'artificio, fonte di stress per gli amici a quattro zampe, ha adottato regolamenti specifici solo il 21,9% dei comuni costieri e appena l'8,3% di quelli interni.
Sorprende negativamente il dato sui comuni costieri riguardo l'accesso alle spiagge: solo il 23,2% ha un regolamento per la corretta fruizione dei litorali da parte delle famiglie con animali. Una lacuna significativa per territori che potrebbero fare del turismo pet-friendly un punto di forza.
Ancora più rari gli Sportelli Animali o la figura del Garante per i diritti degli animali, presenti nell'8,5% dei comuni costieri e nel 4,4% di quelli interni. Limitatissimo anche il sostegno economico per la sterilizzazione: solo il 14,6% delle amministrazioni costiere e il 4,7% di quelle interne offrono questo servizio essenziale.
Il rapporto denuncia inoltre una carenza drammatica: su tutto il territorio nazionale esistono appena due ospedali veterinari pubblici, a Perugia e Napoli. La conferma arriva anche dai numeri della spesa pubblica: nel 2024 il 74,9% dei costi per il settore pet-care è ricaduto sui Comuni, mentre le ASL, che dovrebbero garantire i servizi sociosanitari essenziali per le famiglie in difficoltà, hanno coperto solo il 25,1% del totale.
LE ECCELLENZE DA CUI IMPARARE
Nonostante il quadro generale poco incoraggiante, il rapporto premia anche le realtà virtuose. Tra i grandi comuni spiccano Napoli per la copertura sanitaria e l'integrazione tra servizi veterinari e socioassistenziali; San Giovanni in Persiceto (Bologna) per i servizi integrati e il forte attivismo civico; Modena per gli investimenti significativi e una regolamentazione urbana completa.
Tra i piccoli centri, sotto i 5.000 abitanti, si distinguono Zocca (Modena) e Campodolcino (Sondrio) per gli investimenti in educazione civica e progetti sociali adattati al contesto rurale e montano. Tra le ASL più virtuose: Napoli 1, Bergamo e Vercelli.
LE RICHIESTE DI LEGAMBIENTE
«Solo grazie a solide alleanze tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati è possibile garantire il benessere delle famiglie con animali d'affezione», dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. L'associazione chiede al Governo un piano nazionale per l'assunzione stabile di 6.000 veterinari e alle Regioni il raggiungimento di 1.000 strutture veterinarie pubbliche.
Alle amministrazioni comunali l'appello è di potenziare le aree verdi dedicate alle famiglie con cani, valorizzare regolamenti e ordinanze e rafforzare il senso civico con il supporto di 10.000 guardie ambientali e zoofile delle associazioni di volontariato.
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