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Letto per voi

Cosa significa vivere nella Stazione Spaziale?

"Orbital" di Samantha Harvey è un libro che fluttua fra i generi e le emozioni

Cosa significa vivere nella Stazione Spaziale?

Orbital, di Samantha Harvey (trad.Gioia Guerzoni), NNEDITORE 2025

Hai mai provato ad immaginarti ospite sulla Stazione Spaziale orbitante a circa 400 chilometri sulla tua testa?

Quella minuscola noce di lamiera che, da anni, è insieme la "casa" di altri uomini come te, che la vivono per un tot di tempo ciascuno, alternandosi, e l'avamposto dal quale, se non ci distruggiamo prima, si potrà immaginare come andare alla scoperta di altri mondi.

Questo libro è inclassificabile. Fluttua, come l'ISS, fra un diario di bordo, delle descrizioni spettacolari del nostro pianeta (visto da lassù) indaga la sequela di pensieri che transitano nella testa degli uomini e delle donne che vi eleggono domicilio. In un susseguirsi continuo di albe e tramonti, di luce abbagliante e di buio pesto.

Leggerlo è un riscoprire, da un punto di vista assolutamente inusuale, cosa è il nostro pianeta. Cosa gli stiamo facendo, cosa non dovremmo farne, come dovremmo (e potremmo) amarlo e proteggerlo di più.

Samantha Harvey tratteggia tutto questo con la grazia di un'abile pittrice espressionista. Le sue sono pennellate, scandite in capitoli che numerano le orbite. Ti trasporta, leggera, in un viaggio dove è fin troppo facile immedesimarsi nelle emozioni che provano questi astronauti. Ciascuno di loro ha superato delle prove di difficoltà indicibile, che li hanno forgiati a sostenere una lunga permanenza in una condizione di oggettiva "cattività" (alla stregua di un animale tropicale ospitato in uno zoo magari del nord Europa).

Eppure, la sua capacità è quella di aver saputo tenere "tutto insieme", la descrizione minuziosa della vita a bordo, così come il continuo rimando alla vita terrena, vissuta fin lì, gettando ancora lo sguardo in avanti, immaginando scenari, nei decenni a venire, sul come l'uomo dovrà (e saprà) spingersi oltre nella sua avventura nello Spazio.

Si legge agevolmente, e alla fine regala una sensazione di appagamento. Quella, su tutte, di considerarci un unicum, in barba a stupidi confini, differenze di credo religiosi, colore della pelle. A nostra volta, ospiti "costretti" e protagonisti su una palla di materia sputata nell'infinito da un autore tanto bizzarro quanto sconosciuto. Eppure, così ridicolmente dediti ancora a conflitti, incapaci di saperci "leggere" come qualcosa di unico e irripetibile, vacui ed effimeri, nel grande valzer del tempo.

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