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La guerra degli Agnelli
30 Dicembre 2025 - 14:10
La vicenda della collezione d’arte della famiglia Agnelli entra in una nuova fase: sarà decisiva? La Procura di Roma ha individuato 35 dipinti d’autore al centro dell’inchiesta sulla movimentazione delle opere e ha messo a fuoco la procedura per la confisca, che scatterà una volta individuato il luogo in cui si trovano. La lista è in parte coperta da segreto istruttorio, ma tra i nomi emergono Monet, Picasso e De Chirico. Secondo gli inquirenti, i quadri non sono più in Italia: dopo un passaggio sul territorio nazionale, sarebbero stati trasferiti all’estero, con la Svizzera come destinazione più verosimile. Perché? E, dopo la morte dell'Avvocato Gianni Agnelli e di sua moglie Marella, di chi sono ora queste opere: della figlia Margherita Agnelli o dei nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann?
Il fascicolo nasce nell’alveo della contesa ereditaria tra Margherita Agnelli e i tre figli, John, Lapo e Ginevra, apertasi dopo la scomparsa dell’avvocato Gianni Agnelli nel 2003. Nel corso del contenzioso è emerso che di 13 dipinti, elencati nell’inventario allegato al testamento, si sono perse le tracce; per alcuni sarebbero circolate copie, come “La scala degli addii” di Giacomo Balla, “Mistero e malinconia di una strada” di Giorgio De Chirico, “Glaçons, effet blanc” di Monet.
La cornice legale
I proprietari sono liberi di trasferire le opere, in Italia e all’estero, ma la legge impone l’obbligo di comunicare lo spostamento al Ministero della Cultura per i beni di rilevante interesse artistico e patrimoniale. In caso di mancata notifica, scatta la confisca. È questo il punto che orienta l’azione della Procura: accertare se i movimenti dei quadri siano avvenuti senza le prescritte comunicazioni.
Le nuove carte e i 22 dipinti emersi
Un’accelerazione, come riferisce il Corriere della Sera, è arrivata dalla collaborazione di Margherita Agnelli. Il suo legale, l’avvocato Dario Trevisan, ha consegnato certificati, elenchi privati, bolle di accompagnamento e polizze assicurative. Dall’esame di questa documentazione è affiorata l’esistenza di 22 dipinti che non risultavano noti nella mappa ufficiale della collezione, che già di per sé era piuttosto fumosa (in tanti hanno sempre creduto che l'intera collezione fosse stata conferita nella Pinacoteca Agnelli donata alla città di Torino). Alcuni sarebbero stati acquistati da Gianni Agnelli negli anni Ottanta e Novanta negli Stati Uniti e poi arrivati in Italia per essere esposti nelle residenze private. Per queste opere, che si riterrebbero tuttora in Italia, non emergono profili d’interesse penale nel perimetro attuale dell’indagine.
La pista svizzera e i porti franchi
Diverso lo scenario per una parte dei 35 quadri ricercati: gli atti allegati alla causa testamentaria e le bolle di trasferimento tra residenze italiane documentano spostamenti fino a un certo punto, oltre il quale le tracce si interrompono. Il sospetto degli inquirenti è che alcune opere siano transitate nei porti franchi elvetici — aree esentate da vincoli doganali — per poi raggiungere residenze in Svizzera. Una ipotesi già emersa in passato e che aveva portato anche a una perquisizione degli inquirenti italiani in uno di questi depositi, a Chiasso, ma senza esito.
L’assenza di comunicazione al Ministero, se confermata, in ogni caso renderebbe applicabile la confisca al rinvenimento.
Oltre la querelle familiare
Il tema supera la disputa tra madre e figli. Lo Stato tutela opere di tale valore sia per l’interesse culturale sia per la loro circolazione corretta. Il fronte giudiziario resta rivolto alla tracciabilità dei quadri e alla verifica delle procedure; motivazioni come la gestione dell’eredità o ragioni fiscali non sono al centro dell’accertamento. L’obiettivo dichiarato è far riemergere opere significative per il patrimonio italiano.
Quanto alla battaglia legale a Torino, la data sul calendario è quella del 21 febbraio, quando arriverà la decisione del giudice sull'imputazione coatta che è stata chiesta per John Elkann, quando invece la Procura di Torino aveva richiesto una parziale archiviazione in merito ai reati fiscali e all'ipotesi di truffa ai danni dello Stato, concedendo parere favorevole anche alla messa alla prova di Elkann stesso, presso una struttura salesiana.
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