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LA STORIA

Muore in Rsa, il Comune vuole 25mila euro da lei

Il tribunale aveva dato ragione agli eredi di Rosa Rolando nel processo di primo grado contestando le norme sulla retta della struttura. Ma Palazzo Civico adesso fa ricorso

Risarcimento da 25mila euro per la retta in Rsa. Ma il Comune presenta ricorso in appello

La signora Rosa Rolando

Nelle stesse ore in cui a Palazzo Civico veniva presentata la prima edizione del “Disability Pride”, l’amministrazione notificava il ricorso in appello contro una sentenza di risarcimento da 25mila euro agli eredi di Rosa Rolando, malata non autosufficiente, disabile al 100% e titolare di indennità di accompagnamento per la sua condizione, ma costretta a pagare la “retta alberghiera” in Rsa perché il Comune di Torino le aveva negato l’integrazione economica.

La donna, infatti, aveva presentato ai servizi sociali della Comune il suo Isee che risultava essere di 6mila euro l’anno, chiedendo una integrazione alle spese per il ricovero pari a 1.500 euro al mese, che l’anziana non riusciva a coprire, ottenendo una risposta negativa perché la richiedente risultava proprietaria di un bilocale nel quartiere Valdocco dal valore di poco più di 70mila euro. Un valore già conteggiato nell’Isee che, però, il Comune ha considerato come motivazione valida per «tagliare fuori» la malata dagli aiuti economici, come denuncia la Fondazione promozione sociale. Così i due figli della malata non autosufficiente hanno dovuto pagare di tasca propria 1.000 euro al mese per le cure della mamma in Rsa ma il 24 febbraio scorso, con un pronunciamento di primo grado il Tribunale di Torino aveva condannato Palazzo Civico al rimborso di quanto speso a favore degli eredi della signora che, nel frattempo, era deceduta, dichiarando di fatto illegittimo il regolamento della Comune in violazione delle regole nazionali di conteggio dell’Isee. 

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Nel caso specifico, la signora possedeva solamente l’immobile di abitazione e percepiva l’indennità di accompagnamento di 515,43 euro mensili. Non percepiva la pensione essendo totalmente a carico del marito a sua volta ricoverato. «Illuminante il valore Isee presentato dai figli della signora agli assistenti sociali del Comune per chiedere nel 2017 l’integrazione della retta dell’Rsa: 6.869,18 euro a fronte di una richiesta di "rette alberghiere" di 18mila euro all’anno» spiegano dalla Fondazione promozione sociale che aveva seguito fin dal principio la vicenda, accusando l'illegittimità della normativa a cui ha fatto riferimento il Comune di Torino per negare il contributo. «Tutto passa dalle norme del regolamento locale, più stringenti e punitive nei confronti degli utenti che il Tribunale aveva pesantemente cassato. In particolare, il regolamento prevedeva e prevede tutt’ora che i proprietari di un immobile di valore catastale oltre 51.645,69 euro non ricevano alcun contributo. L’Isee nazionale contemplato dal Dpcm 159 del 2013, invece, prevede che oltre quella soglia il patrimonio "conti"  per una misura minima: il 20% dei due terzi della parte eccedente. Senza annullare il diritto dell’utente a beneficare dell’integrazione pubblica».

«Una vera e propria vergogna, siamo rimasti tutti senza parole: il paradosso sta nel fatto che il Comune, nonostante la sentenza riconosca il diritto all'integrazione della retta alla mia mamma, scelga di opporsi e presentare ricorso» commenta la figlia Teresa Schirripa. Alla condanna hanno fatto seguito numerosi appelli delle organizzazioni all’assessore alle Politiche sociali, Jacopo Rosatelli, oltre che al sindaco, Stefano Lo Russo e alla Sala Rossa affinché non ricorresse in appello nel caso specifico. Istanza che, a quanto pare, non è stata ascoltata. 

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