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La novità

A Torino parte la "movida silenziata" e le cameriere si trasformano in buttafuori

Via alla sperimentazione di San Salvario: «Noi locali spendiamo e il Comune non paga dopo le condanne»

San Salvario movida sicurezza

Una "addetto alla sicurezza" dei locali di San Salvario

C’è l’addetto che, seduto sullo sgabello, indossa la pettorina fosforescente come nelle partite di calcetto. Qualche locale più in là, un altro ha la classica maglietta con la scritta “security” e i muscoli in bella mostra. E nel bar accanto una cameriera è stata trasformata in buttafuori, con un semplice cartellino dalla scritta “responsabile sicurezza”: è partita così, tra rabbia, incertezza e confusione, la stretta sulla malamovida a San Salvario. Una sperimentazione cominciata in ordine sparso, che sembra più che altro un tampone per evitare di pagare multe dopo le cause avanzate dai residenti di largo Saluzzo. Un tampone ritardatario, visto che ormai sono diventati altri i quartieri più rumorosi della città. 

«Basta guardarsi intorno: non siamo più il quartiere pieno di vita di qualche anno fa. La movida più rumorosa si è già spostata, eppure quest’obbligo vale solo per noi»

Corsa contro il tempo

Il punto di partenza di questa novità è una doppia sentenza che ha dato ragione a 29 residenti di largo Saluzzo: dopo aver sopportato interminabili fine settimana tra urla e schiamazzi, hanno fatto causa alla Città. Che nei primi due gradi di giudizio ha sempre perso, anche se i giudici hanno valutato diversamente il “danno acustico”: in appello il risarcimento è sceso da 1 milione e 200mila euro a 200mila. Per questo i 29 ricorrenti si sono rivolti alla Cassazione chiedendo di rivalutare la cifra e portarla vicino a quota 2 milioni.

In ballo non c’è solo il passato, visto che la Corte d’Appello ha ordinato al Comune «di far cessare le immissioni rumorose superiori alla normale tollerabilità» e ha fissato in 10 euro al giorno per ogni ricorrente il risarcimento «per l’eventuale ritardo», concedendo sei mesi di tempo per mettersi in regola: di conseguenza, la data limite era il 15 giugno 2023. Altrimenti Palazzo Civico avrebbe dovuto pagare 290 euro per ogni notte di rumore.
La Giunta è corsa ai ripari con una delibera approvata appena in tempo, il 13 giugno. Le novità sono entrate in vigore il 29, l’altro ieri, e dureranno fino al 15 ottobre.


Via alle nuove regole

In questi giorni i locali hanno ricevuto un avviso che li obbligava ad avere degli “addetti all’assistenza alla clientela” se restano aperti dopo le 22. Gli addetti devono essere identificabili e devono “invitare gli avventori a cessare eventuali comportamenti pregiudizievoli dell’altrui riposo e tranquillità”, oltre a “concorrere al mantenimento della convivenza civile all’interno del locale e nelle aree esterne”. Un obbligo che ogni locale ha interpretato a modo suo, a seconda delle possibilità del locale: tanti bar non possono permettersi un collaboratore in più, da destinare solo alla sicurezza.

Per fortuna il Comune ha specificato che, ad occuparsi della vigilanza e dei controlli, possono essere anche dipendenti dell’attività e non solo “steward” professionisti. Quindi i locali si arrangiano come possono, anche solo aggiungendo un cartellino al petto della cameriera che sta già servendo ai tavoli.

La rabbia dei gestori

Infatti praticamente tutti i gestori di San Salvario stringono i pugni di fronte alla confusione e alla novità che li costringe a un impegno in più: «Il Comune obbliga noi a spendere per evitare di pagare dopo che ha perso la causa» tuonano praticamente tutti i gestori. Anche se qualcuno puntualizza: «Molti di noi hanno i buttafuori e gli addetti alla sicurezza da almeno 10 anni».

A far arrabbiare è anche una constatazione, amara per gli stessi locali: «Basta guardarsi intorno: non siamo più il quartiere pieno di vita di qualche anno fa. La movida più rumorosa si è già spostata, eppure quest’obbligo vale solo per noi».

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