Cerca

SHOCK IN CARCERE

Muore di fame nel carcere di Torino dopo 20 giorni di detenzione

Susan John aveva 42 anni: non aveva mai fatto alcuna richiesta o rivendicazione. Doveva scontare 10 anni

carcere torino

La donna è morta nel carcere di Torino

E' morta di fame e sete in carcere. Susan John, nigeriana di 42 anni, era entrata al Lorusso e Cutugno appena 20 giorni fa, consapevole che dietro le sbarre ci sarebbe rimasta a lungo: sulle spalle aveva infatti una condanna definitiva a 10 anni e 4 mesi per tratta di persone. Da Catania, dove era stata condannata, era stata trasferita a Torino, perché qui vivono il marito, un operaio nigeriano, e i loro due figli piccoli. Cosa sia successo dopo, in realtà, in parte è ancora un mistero: la donna ha semplicemente smesso di mangiare e bere, senza però mai fare alcuna richiesta o protesta. Difficile anche parlare di sciopero della fame, visto che di solito lo si attua o per ottenere qualcosa o per attirare l'attenzione pubblica sul proprio caso. Lei invece si è lasciata morire, senza mai chiedere nulla. Ha solo lasciato un biglietto: "Se mi capita qualcosa - ha scritto - avvisate il mio avvocato".

Sull'episodio è stato aperto un fascicolo dal pm Delia Boschetto la quale ha già disposto l'autopsia, che si svolgerà forse lunedì. Saranno gli esami medici a dover chiarire cosa è successo e come è stato possibile che la 42enne sia morta senza nessun intervento medico. Una morte arrivata come un fulmine a cielo sereno anche per i suoi avvocati, Wilmer e Manuel Perga, e per suo marito. "Dieci giorni fa - spiega infatti Wilmer Perga - mi aveva chiamato la direttrice del carcere per avvisarmi che Susan non stava mangiando". C'era un po' di preoccupazione ma evidentemente non un allarme vero e proprio. "Avevo contattato il marito - racconta Perga - e 5-6 giorni fa mi aveva detto che sarebbe andato a trovarla appena possibile ma con i turni in fabbrica e i due figli non aveva ancora fatto in tempo". La donna, al momento dell'arresto, non era sembrata sotto shock: aveva accettato la sua condanna, senza dare segno di particolari problemi psicologici. "Non riusciamo a capire cosa sia successo - conferma l'avvocato - forse il fatto che parlasse solo inglese non l'ha aiutata a inserirsi ma non ha mai chiesto aiuto né a noi né al marito". 

L'autopsia dovrà chiarire se il crollo è stato davvero improvviso e imprevedibile o se è saltato qualcosa nei meccanismi di controllo sanitario all'interno del carcere. "Se si sono accorti che non mangiava e soprattutto che non beveva - sottolinea Perga - avrebbero dovuto intervenire, eventualmente anche con un Tso, anche perché di sicuro con la sua condanna non poteva essere scarcerata. Bisogna anche capire se il magistrato di sorveglianza era stato avvisato delle sue condizioni. Però prima di dare qualunque giudizio e di decidere se e come procedere, vogliamo attendere gli esiti dell'autopsia".

Nei giorni scorsi, il sindacato Osapp aveva già lanciato l'allarme in merito ad alcune disfunzioni sanitarie all'interno del carcere di Torino, come ad esempio il piantonamento a vista richiesto per alcuni detenuti particolarmente a rischio per motivi sanitari ma che in teoria non sarebbe di competenza della polizia penitenziaria e per la difficile situazione dei detenuti psichiatrici "che - aveva sottolineato il sindacato - non dovrebbero stare in carcere ma in strutture apposite". L'Osapp aveva chiesto l'istituzione di un commissario straordinario a livello nazionale vista l'emergenza in atto.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.