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La collezione "scomparsa"

Sgarbi agli eredi di Agnelli: "Ora dite dove sono i capolavori dell'Avvocato"

Per i Canova, la Finanza a Villa Frescot. Il Ministero cerca i Balla, De Chirico e Balthus

Sgarbi agli eredi di Agnelli: "Ora dite dove sono i capolavori dell'Avvocato"

Nella collezione d'arte appartenuta all'Avvocato Gianni Agnelli ci sono opere "meritevoli di attenzione e tali da attivare l'impegno delle soprintendenze di Venezia e di Torino", dunque anche del ministero, e di conseguenza gli eredi Agnelli devono dire dove si trovano e il ministero dei Beni Culturali deve scoprire dove sono conservate.

E' un colpo di scena non particolarmente inatteso, ma di un certo peso quello arrivato nella vicenda della cosiddetta collezione Agnelli, ossia le oltre seicento opere d'arte appartenute all'Avvocato e sua moglie Marella, poi finite anche al centro della "battaglia per l'eredità" che vede contrapposti Margherita e i suoi figli: si tratta di quello di Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura. 

Sgarbi, critico d'arte e la cui famiglia custodiva una pregiata collezione di quadri e sculture, in quel di Ro Ferrarese, ha inviato una lettera alle soprintendenze di Roma, Torino e Venezia e al direttore generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero della Cultura, per chiedere di verificare l'ubicazione di alcune opere d'arte della Collezione Agnelli. La lettera ha come destinatari, tra gli altri, anche gli eredi di Gianni e Marella Agnelli.

Il tutto, scrive Sgarbi, nasce dalla trasmissione "Report" di domenica scorsa incentrata sulla collezione Agnelli, e di cui abbiamo riferito anche noi in alcuni articoli, e dall'intervista-scontro del sottosegretario stesso con l'inviato Manuele Bonaccorsi. Il punto centrale riguardava la mancata conoscenza del ministero sull'entità della collezione, sull'opportunità o meno della tutela e persino sulla collocazione di quadri e sculture. «E' doveroso - precisa Sgarbi - indicare la posizione del ministero della Cultura relativa all'importanza delle opere per il patrimonio artistico italiano. Essa si esprime attraverso il vincolo di particolare interesse, denominato "notifica", affidato alla discrezionalità delle soprintendenze che, nel corso degli anni, hanno preso atto di acquisti, prevalentemente di arte contemporanea, di autori non italiani in gran parte provenienti dal mercato internazionale e conservati all'estero».

«Le opere acquistate soprattutto negli anni '60 e '70 - prosegue Sgarbi, cui è stato consegnato l'inventario recuperato dagli inviati -, non avevano né una particolare importanza né più di 50 anni, che all'epoca era il termine per stabilirne lo storico interesse. Tutti i capolavori di autori stranieri risultano in case non in Italia, e non potevano e non possono essere sottoposti ad alcun vincolo». Quindi, di fatto, è una conferma che la maggior parte delle opere che si trovavano a Villa Frescot o nell'appartamento romano fronte Quirinale, adesso, si troverebbero all'estero. E come ci sono arrivate?

In ogni caso, Sgarbi non cita il caso contestato del "Monet" ricomparso anni fa a un'asta a New York, né il Picasso, né fa riferimento a caveau svizzeri dove dovrebbero essere custodite le altre opere. Dice però che «quattro casi appaiono oggi meritevoli di attenzione e tali da attivare l'impegno delle soprintendenze di Venezia e di Torino. Si tratta dei bassorilievi di Canova provenienti da Villa Franchetti Albrizzi di Preganziol, sui quali è stata aperta un'inchiesta; gli esiti della quale non possono, in ogni caso, prescindere dalla conoscenza della loro attuale ubicazione». Il sottosegretario fa riferimento alle opere conservate a Villa Frescot che erano però considerate inamovibili dalla villa originale, in Veneto: nel marzo del 2004 la Guardia di Finanza si presentò a Villa Frescot per sequestrarli e la Procura ne dispose la restituzione. La Famiglia Agnelli, che dichiarò di averle acquistate tramite un antiquario di Venezia, fu ritenuta all'oscuro. In ogni caso, a Preganziol i Canova non sono tornati.

Poi, Sgarbi prosegue: «Di sicuro interesse per il patrimonio artistico italiano sono "Salutando" di Giacomo Balla, del 1908 (meglio nota come "La scala degli addii" ndr), e "Il mistero e la malinconia di una strada" di Giorgio De Chirico, del 1914. Infine può meritare attenzione, per la presenza nelle mostre di Venezia nel 1980 e di Roma nel 2015, "La chambre" di Balthus, del 1954, che pure non ha compiuto settant'anni e non necessita di permessi di libera circolazione. Dunque si chiede agli attuali proprietari, gli eredi di Gianni e Marella Agnelli, anche attraverso le verifiche delle soprintendenze di Torino e Roma, di indicare l'attuale ubicazione delle tre opere che, a termini di legge, non risultando importazioni temporanee né richieste di esportazione, dovrebbero essere in Italia».

E gli altri oltre seicento? Per il ministero non necessitano di particolare tutela. Ma per chi segue, anche in via giudiziaria, la battaglia per l'eredità sembra importante prima o poi trovarle.

«Solo fuffa» sembra rispondere lo stesso Sgarbi a questa domanda, in una conferenza stampa a Roma, dove ha anche affermato che «la criminalizzazione della famiglia Agnelli è un atto contro il collezionismo e contro l’arte. Se non c’è un mercato un’opera non esiste, e chi la fa esistere deve essere premiato, non punito. In Francia se un’opera interessa allo Stato, lo Stato la compra». 

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