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"Mobile Angel"
18 Novembre 2023 - 15:20
Un orologio intelligente per denunciare gli abusi e le violenze in famiglia: è il centro del progetto “Mobile Angel”, sperimentato per un anno nel Torinese e ora destinato a essere ampliato in tutta Italia.
Il bilancio dell’attività é stato presentato questa mattina al Comando provinciale dei carabinieri di Torino, dov’erano presenti i vertici dell’Arma, il prefetto Donato Giovanni Cafagna, il procuratore capo di Ivrea Gabriella Viglione e il procuratore facente funzione di Torino Enrica Gabetta. Presenta anche Leila Picco di Soroptimist International club, che ha collaborato al progetto insieme alla Fondazione Vodafone.
«Si tratta di un progetto finalizzato alla tutela delle donne vittime di violenza, maltrattamenti e abusi» introduce il colonnello Roberto De Cinti, comandante provinciale dell'Arma. Che poi passa la parola al tenente colonnello Andrea Siazzu, comandante del Reparto operativo e alla tenente Lucilla Esposito: «L’orologio é collegato a uno smartphone e permette, con un pulsante, di mandare una chiamata prioritaria alla centrale operativa del 112, che la riceve attraverso un software dedicato che dà geolocalizzazione della vittima. L'operatore chiama la donna e, se necessario, invia una pattuglia. Quindi contatta un referente dei carabinieri, una persona vicina e un familiare».
A Torino sono stati distribuiti 20 dispositivi, di cui 15 al Comando provinciale e 5 "dedicati" alla Compagnia di Ivrea. In tutto ne sono stati usati 11 e ora sono attivi 4 smartwatch: «Presto una signora ce lo restituirà perché è stato arrestato l'ex marito».
Ora, dopo un anno di sperimentazione a Torino, Milano e Napoli, l'obiettivo è estendere il progetto a tutta Italia: «La tecnologia non è la soluzione ma é un aiuto per dare maggiore sicurezza e offrire un "angelo custode" a favore di chi denuncia» riflette Siazzu.
Picco sottolinea l'importanza di un'iniziativa che si aggiunge a quello già esistente delle "Stanze per sè" nelle caserme, 240 luoghi dedicati alle donne che devono fare denuncia. Interviene il prefetto Cafagna: «Quando succede una violenza grave a una donna, ci si chiede sempre se si sia fatto tutto il necessario. La risposta è che occorre fare sempre di più e il ricorso alle innovazioni tecnologiche può essere importante». Appunto cosa si può fare, visto che gli episodi di violenza e abusi sono in continuo aumento? Con molti casi gravi, come dimostrano i tanti femminicidi tentati o riusciti dell'ultimo periodo: basti pensare al recente caso di Rivoli.
«Nella Procura di Torino il gruppo di magistrati più numeroso è proprio quello delle "fasce deboli" - considera Gabetta - Abbiamo anche formato apposta la nostra polizia giudiziaria. Credo che la legislazione attuale sia sufficiente, è sulla cultura che bisogna lavorare». La sua collega Viglione concorda e aggiunge: «Su 6mila procedimenti l’anno della Procura di Ivrea, oltre 700 sono relativi a questo tema. Anche noi, nella nostra situazione povera e disastrosa, impegniamo magistrati e agenti di polizia giudiziaria. E usiamo un sistema di "alert" che dia urgenza agli episodi di violenza sulle donne. Ma il sistema giudiziario arriva sempre dopo». Quindi la procuratrice lancia un appello: «Colpisce che anche tanti giovani pensano che la donna sia sottomessa. Almeno le donne stanno iniziando a capire che non è giusto stare a casa a prendere le botte e quindi denunciano: i casi giudiziari sono aumentati anche per questo ma il problema è che mancano le risorse: per fare di più, servono più mezzi e noi non abbiamo ricevuto 1 euro in più».
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