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I capolavori scomparsi
05 Gennaio 2024 - 05:30
Gianni Agnelli prende la parola all’assembleadegli azionisti Fiat
Una ordinanza della gip del Tribunale di Milano, Lidia Castellucci, riapre in maniera clamorosa il caso della collezione d’arte dell’Avvocato, quel tesoro che per anni Gianni Agnelli e sua moglie Marella aveva accumulato, disseminandolo nelle loro diverse residenze, una collezione sottostimata, segreta, il cui valore passere i due miliardi di euro e di cui Margherita Agnelli rivendica, almeno in parte la proprietà.
Perché questo tesoro, come già avevamo avuto modo di scrivere in passato, è scomparso: la trasmissione televisiva Report ne aveva ricostruito le tracce, nell’ambito di quella guerra per l’eredità che vede Margherita contro i figli John, Lapo e Ginevra Elkann, coinvolgendo anche Vittorio Sgarbi e il ministero di Sangiuliano. Sgarbi aveva scritto agli eredi dicendo di rivelare l’ubicazione di alcuni di quei dipinti, quelli che lui riteneva di interesse nazionale - dunque da sottoporre a tutela del Ministero -, Sangiuliano aveva dato il placet, ma il Tar del Lazio, di recente, ha bloccato la richiesta di Report: questioni di privacy e di sicurezza degli Elkann. Ora, però, ci può essere una svolta.
L’ordinanza della gip è quella con cui archivia le accuse di ricettazione nei confronti di due galleristi svizzeri, Giovanni Gabriele Martino e il suo collaboratore Gennaro Martusciello, accusati dall'investigatore privato Andrea Galli, ingaggiato da Margherita Agnelli, di custodire in un caveau frontaliero a Chiasso alcune opere collezionate dall’Avvocato (Picasso, Bacon, Monet, de Chirico, Balthus, Gérome e Balla) di cui la figlia di Gianni Agnelli lamenta la sparizione nel 2019 dal proprio asset ereditario. Gli inquirenti milanesi erano riusciti, tra rogatorie e complesse indagini, a ottenere la perquisizione di un caveau di una società specializzata vicino a Chiasso: vuoto. E le accuse del detective - che in passato ha denunciato di essere stato aggredito e minacciato da due uomini misteriosi venuti dall’Italia - non vengono considerate abbastanza fondate. Dunque, bisogna chiedere alle persone che possono sapere la verità: si chiamano Paola Montalto e Tiziana Russi e sono state le governanti di Marella Caracciolo e potrebbero ricordare le opere d'arte presenti nelle case.
Gianni Agnelli e Marella Caracciolo a Villa Frescot
A cominciare da Villa Frescot, dimora dell’Avvocato ora in vendita: qui era venuto ad abitare John Elkann, pagando l’affitto alla nonna. Alla morte di lei, la villa è passata interamente a Margherita: la quale, entrando in casa, ha notato l’assenza di alcuni dipinti, tra cui un Monet, “Glacons au effet blanc” che era appeso in sala da pranzo. Un capolavoro che, per esempio, anche Evelina Christillin ricordava in quella stanza e risulta essere stato battuto all’asta, anni fa, a New York. E come ci è arrivato, se non esistono documenti che provano la sua esportazione?
E poi ci sono altre opere inestimabili, come “Mistero e malinconia di una strada” di Giorgio De Chirico che si trovava in un disimpegno dell’abitazione romana dell’Avvocato, un dipinto che da solo vale oltre 30 milioni e che i documenti ufficiali indicano solo come “collezione privata”. E ancora, Balla, Picasso, un Balthus che, a quanto è stato possibile apprendere, si troverebbe ancora in Italia, a Torino, in una cassaforte a Mirafiori. Risulta, difatti, intestato a Fca.
Il dipinto "La chambre" di Balthus di proprietà di Fca
In un documento transattivo sull’eredità, firmato da Marella e Margherita, di molti anni fa, le opere inventariate risultano 250, valore 213 milioni di dollari. Per l’avvocato Emanuele Gamna, ex legale di Margherita interpellato sempre da Report, «Era un valore ridicolo già all'epoca. Sapevamo che il valore era probabilmente intorno ai 5-600 milioni».
Stuart Thornton, ex maggiordomo di Gianni Agnelli
E poi c’è un altro testimone che ora potrebbe essere chiamato a deporre. Come in ogni giallo - anche internazionale - che si rispetti, o in uno scenario da Cluedo, è il maggiordomo. Si tratta di Stuart Thornton ed è stato il maggiordomo dell’Avvocato, appunto. Davanti alle telecamere Rai, gli è stata mostrata una lista di oltre 600 opere, tutte di proprietà degli Agnelli e di cui mai si era saputo. Thornton ha confermato di aver scritto lui stesso quell’inventario: «Grossomodo quel che c'era e che era visibile, cioè non lo sapevo cosa aveva in banca, non sapevo niente».
L’accusa di Margherita, in definitiva, è che i figli abbiano occultato quelle opere - a partire da quelle tredici di cui rivendica la proprietà - per sottrarle all’asse ereditario. Gli Elkann, da parte loro, hanno fatto presente che le opere d’arte facevano parte dell’eredità di Marella Caracciolo Agnelli, non dell’Avvocato: quindi, legittimamente sarebbero passate ai nipoti - mentre Margherita ereditava le case -, allo stesso modo di quella donazione delle quote della Dicembre, la cassaforte di famiglia, che hanno consentito a John di rimanere unico al comando dell’impero Exor, un impero da 30 miliardi. Che è, in fondo, il vero obiettivo di questa battaglia dinastica, una trama intricata che potrebbe far sorridere, se di mezzo non ci fossero la governance e i destini di società che impiegano centinaia di migliaia di persone.
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