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7 settimane di stop in fabbrica
05 Febbraio 2024 - 14:00
Un'altra fusione, stavolta con Renault, per quella che era la Fiat? John Elkann smentisce, e rassicura, sul futuro degli stabilimenti italiani. Ma a Mirafiori hanno più paura di Tavares, dei suoi piani di ottimizzazione dei costi e della produzione. E di una sola cosa sono certi: fra una settimana saranno di nuovo in cassa integrazione.
«Siamo rassegnati, c'è poca fiducia, abbiamo la sensazione che la fabbrica stia chiudendo. Speriamo di poter essere spostati in altri siti come l'hub dell'economia circolare, soprattutto speriamo di riuscire ad andare in pensione. Tavares pensa solo a guadagnare e non a noi. Speriamo nella politica, il governo fa bene ad alzare la voce anche se forse è un po' tardi» sono le parole di Ezio Palomba, operaio delle Carrozzerie, a commento di tutte le notizie uscite negli ultimi giorni.
Sentimenti che, fra i pochi operai che parlano con i cronisti al cambio turno delle 14, sembrano condivisi. Che nascono da quando, l'altra settimana, mentre a Roma la delegazione di Stellantis incontrava il ministro Adolfo Urso sulla questione degli incentivi auto - quasi un miliardo di euro - e le garanzie di produzione, Carlos Tavares parlando a Bloomberg tornava ad attaccare il governo e le sue politiche sull'auto elettrica. Il ceo di Stellantis aveva parlato di stabilimenti a rischio di (nuovi) tagli, indicando quelli di Mirafiori e di Pomigliano, se perderà la Panda, come i maggiormente esposti.
Il tutto nonostante i dati delle immatricolazioni vedano un deciso balzo in avanti di Stellantis. A gennaio, infatti, il Gruppo ha immatricolato oltre 49mila autovetture, facendo segnare un +13,3% e ha registrato una quota complessiva del 34,7%, con una crescita di 0,8% punti percentuali rispetto a gennaio 2023. E sono sei in totale i modelli di Stellantis che sono entrati di merito nella classifica dei migliori dieci, con Fiat Panda stabile in testa, seguita, al terzo posto, da Citroën C3 che recupera una posizione rispetto alla classifica di dicembre, e, al quarto, da Jeep Avenger.
Eppure, dal 12 febbraio e per tutto marzo le linee di Mirafiori si fermeranno in cassa integrazione. Il motivo? Dai vertici del Gruppo, nelle scorse settimane, si era parlato di calo degli ordini della 500 elettrica, che pure in Europa domina nel proprio segmento. Sono 2.260 i lavoratori delle linee 500e e della Maserati coinvolti nella nuova decisione, comunicata in mattinata alle organizzazioni sindacali. Lo stabilimento, in realtà, non si fermerà completamente ma lavorerà su un solo turno anziché due.
Dice Dario Ghionda, dell'hub di economia circolare: «Non conosciamo le vere intenzioni dell'azienda, stiamo lavorando molto poco. Ora ci saranno altre settimane di cassa integrazione. Abbiamo paura di una possibile chiusura, non sembra esserci tanto interesse a ripristinare le aree dove lavoriamo. Tavares pensa all'azienda a livello globale e non locale, tende a favorire quei territori dove ci sono costi più bassi». Gli fa eco Roberto De Benedetto, operaio Maserati: «In fabbrica c'è un clima di tristezza, ma anche tanta rabbia, sono cose che prevedevamo. I francesi cercano di portarsi tutto in Francia. E' un ricatto, vogliono i soldi del nostro Stato. Noi non abbiamo mai smesso di fare cassa integrazione che pagano i cittadini italiani. Non portano qui nuovi modelli, le nuove Maserati non verranno fatte a Torino. Questa oggi è la fabbrica più grande e più vecchia in Europa, non ha futuro».
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