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La guerra per l'eredità

Il testamento segreto dell'Avvocato: ecco chi era il vero erede (ed è incredibile)

In Procura una lettera di Margherita a John sui misteri e il controllo della società Dicembre

Il testamento segreto dell'Avvocato: ecco chi era il vero erede (ed è incredibile)

Un giovane John Elkann con Gianni Agnelli e il figlio Edoardo (foto Tonino Di Marco)

Diceva Gianni Agnelli che nella Famiglia «comanda uno solo alla volta», ovviamente maschio secondo la sua logica. E per questo sarebbe stato incoronato John Elkann. Donazioni e cessioni di quote della Dicembre servivano solo a questo scopo. A passare tutto al giovane Elkann «escludendo Margherita» come annota la procura. Che ora potrebbe cercare anche altri documenti, compresi quelli che rivelano una volontà per certi versi inedita di Gianni Agnelli: ossia il nome di chi lui, realmente, voleva alla guida della Famiglia.

Per capire meglio, partiamo da un documento che la Guardia di Finanza ha sequestrato nella villa di John Elkann: si tratta di una busta verde indirizzata a “Mr. J.P. Elkann” in una villa di Moncalieri con all’interno, su carta intestata “Domaine de la Pecherie Allamn” in Svizzera, ossia la tenuta dove risiede Margherita, «una lettera manoscritta di Margherita Agnelli datata 20.3.2003. Il manoscritto verte su argomenti di interesse quali la successione nelle quote della Dicembre e in generale sulla spartizione del padre ed appare, pertanto, di interesse investigativo».

Siamo al 20 marzo 2003, dunque. L’Avvocato è morto a gennaio e questa lettera di Margherita al figlio arriva fra due date spartiacque: il 24 febbraio, quando in seguito al decesso di Gianni vengono ripartite le quote di Dicembre fra Marella, Margherita e John (al quale, contestualmente, Marella fa la prima donazione di quote), e il 26 giugno, quando avviene l’aumento di capitale e Margherita ottiene una quota di 36 milioni circa, come desiderava, ma John appare improvvisamente in possesso di 55 milioni. Come le ha acquisite? È uno dei dubbi degli investigatori.

Perché è tanto importante? Perché Margherita in quel mese di marzo scambia missive con Gianluigi Gabetti - che accusa di averla “aggredita” - e Franzo Grande Stevens, dicendo che non firmerà una cessione di quote a John fino a che non saranno chiari l’assetto dei beni e le «compensazioni» per gli altri sette figli, come da volontà del padre, precisa. Espresse nella famosa “Lettera di Monaco” che si chiede perché non valga come testamento.

La Lettera di Monaco è un foglio di carta autografo di Gianni Agnelli del luglio 1996. L’Avvocato è in clinica a Montecarlo per un serio intervento al cuore, da cui forse teme di non uscire vivo. Scrive allora che è sua volontà donare il 25% delle quote di Dicembre «a mio nipote John Philip Elkann», mentre agli eredi legittimi sarebbero andati beni equivalenti.

Questa è l’incoronazione? Considerando anche che John già aveva in nuda proprietà 5 miliardi di lire della società. Ma attenzione. Il motivo di questa scelta è che l’Avvocato ha «preso atto del rifiuto di mio figlio Edoardo di ricevere donazione analoga» a quella già accettata dagli altri membri della famiglia, vale a dire Marella e Margherita.

Quindi, clamorosamente, era Edoardo l’erede designato a capo della società di famiglia? Ricordiamo che siamo nel 1996, Giovannino è già il capo designato della Fiat e ancora non si sa della malattia che lo ucciderà nel dicembre dell’anno dopo. Quindi la guida della Fiat al nipote, che ha la mentalità da industriale, e quella della Famiglia - e chissà, forse anche della Juve - a Edoardo, che è amatissimo da tutti i membri, ma che non vuole? E dimostra che il tanto denigrato Edoardo, considerato debole, era l’unico ad avere il coraggio di dire no ad Agnelli.

Fatto sta che, curiosamente, mesi dopo Agnelli torna a parlare di queste donazioni - sono sempre i suoi uomini di fiducia a riferire -, quando il nipote già scomparso, e afferma di voler donare quelle quote a Edoardo. Del quale, però, non ci sono documenti che accertino la volontà.

Alle domande di Margherita, nel marzo di quel 2003 - tutto materiale già all’attenzione della Procura di Milano ai tempi del primo esposto -, Gabetti e Grande Stevens ribadiscono che la lettera autografa «non ha valore testamentario». Che Donna Marella dona le quote a John proprio «interpretando la volontà» di Gianni. Grande Stevens le dice anche che, se Edoardo non fosse mancato tragicamente, avrebbe avuto lui le quote di Dicembre, ma è desiderio di tutti che lei, Margherita, abbia comunque quote pari quasi a quelle di suo padre.

E questo, a ben guardare, è avvenuto. È l’aumento di quelle di John a sorprendere, soprattutto per la mancanza di documentazione finanziaria che porta la procura a ipotizzare «atti simulati». I magistrati sono già in possesso di una lettera dattiloscritta, senza firma, in cui si fa cenno a un ringraziamento «per le quote ricevute» e l’impegno a corrispondere la rendita - Marella ha ceduto la nuda proprietà, ma deteneva l’usufrutto ergo la rendita -, ma adesso si propongono di analizzare meglio questa corrispondenza. Non escludendo di cercare anche l’originale della Lettera di Monaco (una cui copia fu mostrata dal collega Gigi Moncalvo, che ne parla anche nei suoi libri), al pari di molto altro materiale che, ancora, non si trova e che potrebbe riscrivere la storia della Dinastia e il presente dell’industria italiana.

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