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Polemica all'Università

Boicottaggio a Israele: il Rettore come Don Abbondio?

Il professor Geuna sostiene che i fatti "sono stati travisati" ma non ci una bella figura

Boicottaggio a Israele: il Rettore come Don Abbondio?

Il Rettore dell’Università di Torino, prof. Stefano Geuna, con una lettera al Corriere della Sera tenta di giustificare l’inciampo del senato accademico sulla ormai famosa mozione, ideata da professori di varie università italiane, operativamente promossa dagli attivisti universitari filopalestinesi  e approvata dal Senato Accademico. Un brutto precedente. Quello di Torino è il primo ateneo che sospende le cooperazioni con le istituzioni accademiche israeliane, ponendo fine alla partecipazione al bando per la collaborazione con le istituzioni accademiche.

Nella lettera al Corriere il prof. Geuna fa una ricostruzione a dir poco fantasiosa della riunione del senato accademico del 19 marzo scorso. Afferma, malgrado foto, testimonianze e resoconti giornalistici che i fatti sono stati travisati. Fa apparire la seduta come una idilliaca riunione tra sapienti che  in una rarefatta raffaellesca atmosfera  da “Scuola di Atene” viene interrotta  per adempiere all’alta missione dell’ “Ascolto” e del “Confronto” di chiunque, aggiungiamo noi, intervenga durante una seduta del Senato Accademico. I fatti, secondo Geuna travisati da tutta la stampa italiana e da molti professori dell’ateneo torinese, sono come riportati in sintesi dagli organi di stampa i seguenti: la giornata all’università inizia sotto i cori di “Palestina Libera” e ha visto gli attivisti di Cambiare Rotta e Progetto Palestina interrompere la seduta del Senato con striscioni e bandiere, esigendo, sarebbe più corretto dire imponendo, un netto distacco dall’accordo con le istituzioni universitarie israeliane. Una situazione in cui Don Abbondio avrebbe fatto miglior figura di quella del Magnifico Rettore.

La fotografia dei professori che votano davanti agli striscioni della protesta degli attivisti ha impressionato perfino il prof. Valentino Castellani, ex sindaco di Torino, che si augura di non vedere una simile scena anche al Politecnico di Torino dove  intanto si sta spostando la protesta con medesima istanza antiisraeliana. Il grande giurista prof. Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Consulta ha scritto in merito a questo episodio di “dignità perduta”. Molti altri  sono intervenuti per stigmatizzare  e commentare quanto successo nella famigerata seduta del Senato Accademico. Come il prof. Luca Ricolfi che indignato si domandava se il Rettore non dovrebbe dimettersi.

Il Collegio Carlo Alberto, storica istituzione parauniversitaria torinese, in controtendenza, per bocca del suo presidente Giorgio Barba Novaretti dichiara che il Collegio all’unanimità del suo consiglio di amministrazione (anche con il favore dei membri designati dall’Università) vuole esplorare nuove collaborazioni con università israeliane e università allocate nei territori sotto l’Autorità Palestinese. Al Collegio pensiamo, prosegue Barba Novaretti, che l’ultima cosa da fare sia silenziare o addirittura eleminare il dialogo tra istituzioni universitarie e di ricerca che sul confronto delle idee e delle conoscenze basano la loro missione.

Ma torniamo alla lettera al Corriere della Sera del Rettore Geuna che, con coraggio degno di miglior causa, afferma che “la deliberazione è avvenuta in piena serenità”  e il Senato Accademico “ha votato quella mozione in piena consapevolezza, responsabilità e senza condizionamenti”. Evidentemente le critiche piovutegli addosso da tutta Italia lo hanno fatto barcollare se con la sua missiva al quotidiano, dopo settimane dai fatti, confonde le critiche all’operato del Senato Accademico e di chi lo presiede con una presunta critica o mancato  rispetto per “la dignità istituzionale dell’Ateneo”. A sostegno di questa tesi, con un coup de théatre, il nostro Rettore sfodera quella che dovrebbe essere la sua  formidabile imbattibile  arma di difesa: l’antifascismo!

Nel 2021 il Rettorato ospitò una mostra dal titolo “Regime e dissenso”, solo tredici professori (su migliaia) si rifiutarono di giurare fedeltà al regime e otto di questi avevano ricoperto ruoli importanti nell’università di Torino. Tredici uomini contro il conformismo accademico dilagante. Tredici professori coraggiosi. Coraggiosi appunto.

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