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La crisi dell'automotive

Da Fiat a Stellantis, così abbiamo perso 65mila lavoratori: "Ora John Elkann fermi i piani di Tavares"

"Sudditanza" dei governi (anche di centrosinistra) e le "menzogne" di Marchionne fra le accuse dal fronte sindacale sulla situazione di Mirafiori

Da Fiat a Stellantis, così è cambiato l'ex impero Agnelli: "Ora John Elkann fermi i piani di Tavares"

Lavoratori sotto ricatto, le promesse di Marchionne e la "sudditanza" nei confronti di troppi governi nei confronti degli Agnelli, "che stanno abbandonando l'auto". E un appello a John Elkann: "Fermi i piani di Tavares". C'è tutto questo nelle ore di una giornata in cui, dal fronte sindacale dell'automotive, provengono commenti e analisi della situazione dell'ex Fiat in Italia, una realtà che in molti ritengono ormai finita.

"Tutti i governi, particolarmente grave per quelli di centrosinistra, hanno accusato sudditanza nei confronti della Fiat, più che della Fiat nei confronti della Famiglia Agnelli. E ora siamo di fronte a una fuga degli Agnelli dall'Italia" ha sostenuto Giorgio Airaudo, nome storico della Fiom-Cgil, ai microfoni di "Giù la maschera" su RadioRai. Riferimenti al calo dell'occupazione, della capacità produttiva degli stabilimenti: oggi Mirafiori è praticamente ferma, con lo stop totale per tutto il mese di maggio. A memoria è difficile ritrovare un mese intero senza che dallo storico stabilimento uscisse una sola auto. E i dipendenti, da Fiat a Fca e poi nella parte italiana di Stellantis, si sono ridotti a poco più di in terzo in meno di venticinque anni. Vari i motivi: riorganizzazione di stabilimenti - chiusi Termini Imerese, Rivalta e Grugliasco per esempio -, riduzione della produzione in relazione al mercato, globalizzazione stessa della produzione e investimenti in location low cost.

Per Airaudo, un declino cominciato con l'allora amministratore delegato Sergio Marchionne, che trasformò Fiat in Fca. "Ancora oggi Mirafiori è fuori dal contratto nazionale - dice - per le promesse di Marchionne di avere salari come i tedeschi. Ci fu un referendum, cui la Fiom votò contro, ma i lavoratori erano sotto ricatto. E oggi possiamo dire che Marchionne ci mentì".

Sottotraccia resta sempre l'accusa al Gruppo di poca "italianità", anche se è pur vero che anche in Francia non è che se la passino meglio, come dimostrano gli scioperi dei fornitori e lo stop di tre stabilimenti. “E’ una realtà multinazionale, in questa nuova dimensione pensare a Torino come eravamo abituati ai tempi degli Agnelli non ha più senso - dice Ferdinando Uliano, segretario generale della Fim Cisl, in una intervista a Beemagazine -. Nel Gruppo Stellantis, Torino e l’Italia rappresentano una delle tre realtà insieme alla Francia e gli States". 

“Ritengo la discussione sull’italianità poco utile alla vera questione  - prosegue - che è quella di tutela dei posti di lavoro e l’industria dell’auto nel nostro Paese. Bisogna orientare i finanziamenti, almeno in parte, a garanzia della produzione negli stabilimenti italiani". Ma Uliano pone l'accento sulla "testa" del Gruppo, la strategia che non parte neppure da Parigi, ma dal Portagallo: "La governance del gruppo è in mano agli uomini di Tavares che hanno continuato l’opera già in corso in Psa e Opel, di riduzione dei costi, di efficientamento degli stabilimenti e integrazioni delle funzioni con tensioni anche con le nostre rappresentanze sindacali".

Ma è pur vero che il presidente del Gruppo è John Elkann, nipote di Agnelli, che a Torino conserva ancora un ufficio - dove è presente il lunedì, di solito - e la residenza, per quanto la sua vita scorra molto a New York e in Francia. "Grazie anche al regolamento del board - insiste Uliano - su alcune questioni strategiche di grande importanza deve essere consultato assieme al ceo Carlos Tavares. Elkann, quindi, ha voce in capitolo su decisioni di vitale importanza per il futuro del gruppo. Dovrebbe spendere qualche parola in più su Torino e sull’Italia".

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