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Il processo
09 Maggio 2024 - 22:22
Fogli di giornale per pulire i bisogni, pennarelli infilati nei vasi di fiori ma soprattutto calci e pugni: a subirli sarebbero stati i detenuti del padiglione C del carcere di Torino. «Che cadevano dalle scale molto più spesso degli altri» spiega Monica Gallo, riportando quanto le aveva detto il direttore sanitario dell’istituto.
Gallo è la Garante comunale dei detenuti di Torino e oggi ha parlato per ore nella maxi aula 4 del Palazzo di giustizia. E’ quella che, in gergo giudiziario, si definisce una “teste-chiave”: è stata lei a denunciare in Procura le tante segnalazioni ricevute dai reclusi del padiglione C, quello che ospita gli accusati di reati sessuali. Da lì che è nato il processo a carico di 22 agenti della polizia penitenziaria, che il pubblico ministero Francesco Pelosi accusa di tortura, abuso di autorità, lesioni aggravate, violenza privata, favoreggiamento, omessa denuncia e rivelazione di segreto.
Di fronte agli imputati, che negano ogni addebito, Gallo ha ripercorso le tappe che l’hanno spinta a presentare un esposto nel 2019: «Mi ero accorta che gli agenti restavano con i piedi sulla scrivania, fumavano o urlavano per chiamare i detenuti. Operatori, insegnanti e il cappellano don Guido mi dicevano “tira una brutta aria”. I detenuti aggiungevano “qui perdiamo la dignità”».
Poi sono arrivate le prime segnalazioni concrete, con lividi e cicatrici mostrate alla Garante. C’è chi racconta di essere stato buttato in una stanza e pestato. Poi lo hanno costretto a rimanere fermo in corridoio, con la faccia contro il muro: «Dicevano che gli agenti entravano nelle celle e buttavano tutto per terra, strappando le loro fotografie - prosegua Gallo - A un detenuto, cui piaceva disegnare, hanno preso i pennarelli e, togliendo i tappi, li hanno piantati nei vasi di fiori. Un altro è stato preso a calci nella schiena mentre veniva obbligato a pulire gli escrementi con i fogli di giornale». Qualcuno, per ricevere la posta, doveva dire “Sono un mer...”: «Un altro mi ha detto: “Ho fatto una cosa grave, è giusto che mi puniscano”».
Gallo si è poi rivolta al direttore del carcere, Luigi Minervini, quando ha saputo delle cadute dalle scale più frequenti nel padiglione C rispetto alle altre sezioni. E quando un’educatrice le ha riferito una frase dell’ispettore Maurizio Gebbia, coordinatore del padiglione: “Fosse per me, quel detenuto andrebbe sciolto nell’acido”. «Minervini mi ha risposto, riferito a Gebbia: “Quando ci sono le mele marce bisogna spostarle”. Ma disse che non poteva fare niente perché aveva poco personale». Gallo descrive come «poco collaborativo» l’allora direttore, condannato in abbreviato a 300 euro di multa per omessa denuncia: «Diceva che indagava ma non succedeva mai nulla. Una volta mi ha detto: “Sto andando in vacanza, rivolgiti alla capo area”».
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