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I guai dell'ex Fiat

Stellantis, Tavares sfida il cda (e John Elkann). Cosa succederà in Italia?

Pronto un piano di tagli di manager dagli Stati Uniti all'Europa. E alla Borsa già piace

Stellantis, Tavares sfida il cda (e John Elkann) per rimanere in sella

Carlos Tavares non lascia Stellantis: ma molti altri sì. Il ceo, infatti, messo sotto pressione dal cda del Gruppo - e, pare, anche da John Elkann in persona che avrebbe spinto per iniziare la procedura di ricerca di un nuovo amministratore delegato - contrattacca con un piano di tagli. A partire dai manager, ma non è escluso che possa estendersi anche ad alcuni brand (e in coincidenza con i primi rumors, il titolo ha guadagnato un 1,24% a Piazza Affari, invertendo una tendenza drammatica).

A riportare la notizia è Bloomberg, che parla di "profonda riorganizzazione in risposta al suo profit warning". L'allarme sul calo degli utili e la revisione al ribasso delle stime hanno portato infatti a un autentico crollo del Gruppo sul mercato borsistico e il ceo aveva detto che avrebbe cercato di invertire la tendenza. A suo dire, molti sbagli - anche per sua "arroganza" - sono stati commessi negli Stati Uniti. E da lì dovrebbe partire la rivoluzione.

Nei giorni scorsi, a dire il vero, in Stellantis c'è già stato un rimpasto di nomi e funzioni, ma questo sarebbe solo l'inizio. Tavares vuole mettere alla porta anche i manager, non solo i lavoratori in esubero. Il ceo dovrebbe presentare la sua proposta al consiglio di amministrazione in programma sabato o domenica negli Stati Uniti, nella sede di Auburn Hills. Dai rumors nell'ambiente non è chiaro se il cda sosterrà questo piano, mentre dovrebbe parlare proprio del futuro del ceo portoghese, il cui contratto scade il prossimo anno. "La pensione è un'opzione" aveva detto l'altro giorno Tavares. Ma conoscendolo è più facile immaginare che possa pensare a una sfida, quella di ribaltare il pessimismo degli azionisti e del cda.

Una situazione tesa, alla vigilia del Salone dell'Auto di Parigi, dove il Gruppo porterà i nuovi modelli con i quali tentare di invertire la pericolosa tendenza degli ultimi mesi. E in quei giorni un annuncio - prima, però, l'11 ottobre il ceo incontrerà parte dei sindacati - avrebbe un effetto difficile da stimare. E in Italia si resta a guardare, con il fiato sospeso, temendo per gli stabilimenti come Mirafiori. Un cambio di governance coinvolgerebbe di certo marchi prodotti in Italia, per cui ci sono già piani stabiliti - che andrebbero rivisti -, anche se sembra improbabile la cacciata di Olivier Francois, ceo di Fiat (ma forse un ridimensionamento, essendo lui anche a capo del Global Marketing?). 

Anche un eventuale cambio anticipato del ceo - ma pure un affiancamento del successore va valutato: come reagirebbe la Borsa? - avrebbe ripercussioni sull'Italia, soprattutto alla luce del "suo" piano industriale, il Dare Forward 2030 che è quasi totalmente incentrato sulla svolta elettrica e l'economia circolare. L'arrivo di Luca De Meo, ammesso che Renault lo lasci partire, riporterebbe l'ex Fiat alle idee e le visioni di Marchionne, che lo scelse per Fiat 500? Una successione interna con Maxime Picat, già a capo di Peugeot, per dare continuità? L'ultimo nome in ordine di tempo è quello di José Munoz, di Hyundai, che non ha esperienze da ceo, ma per il Gruppo coreano è responsabile del mercato nordamericano: proprio quello dove John Elkann e il cda vogliono ritornare a galla.

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