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Economia & Finanza
25 Novembre 2024 - 07:20
Il valore delle azioni dimezzate, la quasi impossibilità di vendere e, in risposta, una pagina fotocopiata con le firme dei dirigenti e la garanzia "La banca è solida". È questa la situazione di molti dei 20mila piccoli azionisti della Banca di Asti, le cui vicende vi avevamo raccontato nei giorni scorsi, tra ispezioni della Banca d'Italia, "errori" contabili - 20 milioni da togliere un bilancio troppo ottimista e altri 10 da restituire ai clienti - e voci sempre più insistenti di cessione. Da un lato la politica che spinge per entrare (ancor di più) nello storico istituto di credito astigiano, dall'altro gli azionisti che chiedono spiegazioni. Mentre vedono il valore dei loro investimenti (ossia risparmi) crollare.
Uno di loro ci ha raccontato la sua storia. Lo chiameremo Pierluigi ed è un pensionato, cliente dell'istituto dal 1979. Dice "Gli ultimi avvenimenti accaduti alla Banca di Asti mi hanno rovinato il sonno". La sua storia comincia nel 2015, quando gli propongono l'acquisto di 500 azioni: "Un primo passo in un mondo che non conoscevo - ci racconta -. A luglio dello stesso anno il direttore mi contatta per chiedermi se avevo intenzione di aumentare il mio pacchetto azionario, in quel periodo la banca era in procinto di acquistare la BIVER Banca e per questo proponeva ai clienti di agganciarsi al progetto attraverso un aumento di capitale. Il prezzo delle azioni era decisamente più alto del primo lotto ma il tutto era giustificato proprio dal momento felice della banca". "Il tutto - prosegue Pierluigi - mi porta a convincermi dell’affare e acquisto altre 1000 azioni. Ero così entusiasta che acquisto anche 500 azioni a nome di mio figlio, impiegato d’azienda manifatturiera".
Quel pacchetto azionario Pierluigi ce l'ha ancora, ma dice che "ogni volta che leggevo i dati nel resoconto annuale del portafoglio clienti le azioni erano sempre in discesa. Le giustificazioni dei vari direttori di banca erano sempre orientate a definire la Banca solidissima e a dare le colpe al mercato instabile, al Covid, al mercato azionario difficile e al problema che a Bruxelle UE avevano deciso nuove regole nella gestione delle azioni possedute dalla Banca o della Fondazione (ossia la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, ndr) e questo impediva l’acquisto azionario per alzare le quotazioni. La crescita cosi era solo destinata a salire con le vendite esterne".
La Banca di Asti non è quotata a Piazza Affari, ma sull'indice della Vormel Sim: "Ora le azioni sono scese a poco più di 8,4 euro, io le ho acquistate 10 anni fa a 13-15 euro. Se adesso volessi vendere, perderei almeno 8mila euro". Senza contare che la cessione delle azioni su Vormel non è così facile: la cessione viene in pratica "gestita" dalla banca stessa, il cliente non può procedere da solo. "Ma se l'indice non è performante, perché questa scelta?" si chiedono in tanti, dalle parti di Asti. Non solo pensionati, che hanno investito per sé e i figli, ma anche imprenditori, industriali, aziende del territorio.
In compenso al momento ci sono oltre 300mila azioni di Banca di Asti in vendita, in quanto la Fondazione ha "scoperto" che il Mef vieta di possedere oltre il 30% delle azioni della propria banca. Per inciso: quella norma esiste dal 2015. Nonostante siano state smentite voci di una cessione totale, Pierluigi e altri come lui vogliono vederci chiaro. "L'altra mattina sono andato in filiale a pagare degli F24 e allo sportello ho trovato la lettera firmata dai presidenti di Fondazione e Banca. Una lettera dove dicono sono pronti a mettere in campo ogni iniziativa volta a preservare gli interessi dei clienti, degli azionisti, del personale".
"Dopo dieci anni di caduta libera le bozze non bastano più - si sfoga Pierluigi -. Se la Banca è cosi solida perché le azioni hanno perso il 50% del loro valore? Si legge che sono 413 miliardi i ricavi delle Banche negli ultimi cinque anni. La Banca di Asti non fa parte di questi anni fortunati?".
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