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LA STORIA

La capogruppo di FdI perseguitata da un rom: «Nessuna resa»

Verangela Marino nel mirino di un nomade: «E' un incubo»

La capogruppo di FdI perseguitata da un rom: «Nessuna resa»

Verangela Marino

Chi conosce Verangela Marino ha un'idea chiara della sua figura: sfrontata, sempre in prima linea, la capogruppo di Fratelli d'Italia per la Circoscrizione 6 di Torino si è sempre esposta in prima persona tra iniziative e manifestazioni contro lo spaccio e il degrado. Un volto, il suo, che è apparso anche in diverse trasmissioni televisive in prima serata. Uno dei fenomeni che la Marino ha sempre portato al centro dell'attenzione mediatica riguarda le occupazioni abusive nei palazzi della zona nord di Torino: in particolare le case popolari. Da un anno a questa parte, però, la donna è vittima di minacce. Abusi che cominciano nel periodo in cui avviene lo sgombero di un appartamento occupato da un nucleo di origine rom: una casa dove risultavano due soli abitanti, anziani, e che invece dentro rivelava viverci un'intera famiglia.

A seguito delle operazioni, una donna di quel nucleo, incinta, perde il bambino. Le cause non sono mai state rese note. Ma per la Marino comincia un inferno: uno di loro ha intenzione di fargliela pagare e le promette la morte.«All'inizio erano minacce, parole forti» spiega la capogruppo. «Poi siamo passati ai fatti». Verangela racconta diversi episodi (tutti poi denunciati alle forze dell'ordine) in cui l'individuo in questione l'avrebbe perseguitata. «Me lo ritrovo ovunque. Supermercato, tra le vie del quartiere. Ricordo un episodio in particolare dove ha cercato di investirmi: ha imboccato la strada in contromano. Parliamo di un soggetto pregiudicato, era agli arresti domiciliari quando mesi fa quest'incubo è cominciato». E ora, dove sta? «In via Bologna, insieme ad altri che sono stati sgomberati dalle case Atc».


Marino mostra il suo cellulare: diverse segnalazioni, a cadenza praticamente quotidiana, che le arrivano dai residenti di quel complesso abitativo. Foto, video, testi che implorano un intervento: vetri rotti, ascensori danneggiati, case e balconi devastati, colonne di furgoni di rom che vanno e vengono. E ancora mobili - interi e sventrati - accatastati nel cortile, porte divelte. Messaggi audio che le raccomandano di fare attenzione nel caso fosse nei paraggi: “Lui” è lì. «Quando mi reco dai residenti di quelle case lui è lì e non perde occasione per guardarmi male e cercare di umiliarmi». La capogruppo in quel quartiere ci vive, oltre a fare militanza e attività politica. «Non sono tranquilla» spiega, guardando fuori dalla finestra del dehor del bar dove ci incontra per l'intervista.


Un nomade che se l'è presa con lei. Politica o violenza legata al genere? «Credo entrambe le motivazioni. Mi odia, mi incolpa della morte del fratello e della situazione in cui tutta la sua famiglia si è ritrovata. Infatti poco dopo lo sgombero i fatti di cronaca che hanno visto coinvolto quel nucleo nomade sono aumentati» dice riferendosi ai vari avvenimenti che hanno coinvolto fazioni di comunità rom, tra sparatorie e furgoni bruciati.
Intorno a noi, qualcuno ci ascolta: «Lo sanno tutti che si stanno facendo una guerra tra di loro» sentenzia una signora che vive in Barriera da due decenni.


«Vorrei sottolineare una cosa, tanto mi sento spaventata da questo individuo quanto non mi sento sola. Mio marito, il mio partito - in particolare il presidente di Circoscrizione, Valerio Lo Manto e l’assessore Maurizio Marrone - e i residenti mi offrono sostegno pratico e emotivo per andare avanti».
Avanti, nessuna remora nel proseguire? «No. Ho scelto la politica con i suoi pro e i suoi contro, le persone che mi hanno votata si sono fidate e ho intenzione di proseguire nella mia battaglia».
Nessuna resa quindi. «Avanti, contro l'illegalità e ogni forma di violenza».

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