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Economia & Territorio
07 Febbraio 2025 - 14:50
Le voci di cessione (non solo) di una parte delle quote da parte della Fondazione fanno volare Banca di Asti. Una crescita a conferma "del trend programmato nel piano strategico" dicono dal board, ma la realtà è che anche questo ritorno di valore è ben lontano dai livelli toccati quando la maggior parte degli azionisti ha comprato i titoli.
I numeri, come riferito dalla Nuova Provincia, sono quelli resi noti dopo l'approvazione, da parte del Cda, del documento contabile (preliminare e consolidato) dell'anno 2024. Un documento che mette l'utile attorno ai 50 milioni di euro, una cifra che - però - non sembra tenere conto della "correzione" imposta dalla Banca d'Italia, che dopo una ispezione aveva riscontrato numeri troppo ottimistici in merito, soprattutto, a crediti deteriorati e differimento di pagamenti, nonché a interessi troppo alti applicati ai clienti.
In ogni caso, con un utile di 50,2 milioni di euro, un attivo di 13 miliardi di euro (+298 milioni) e una raccolta totale attorno ai 17 mentre il credito verso la clientela è di 7,4 miliardi, il dividendo previsto per gli azionisti - 31,8% della Fondazione Cr Asti, 9,9% di Banco Bpm, 12,9% di CR Biella, 4,2% di CR Vercelli, Fondazione Crt per il 6%, il restante diviso fra 20.000 piccoli investitori - è pari a 28,2 milioni di euro, ossia 0,40 euro per azione. Si tratta, dicono da Piazza Libertà, di un aumento del 33% rispetto all'anno precedente, quando si era fermato a 33 centesimi, “a conferma del trend di crescita programmato nell’arco del Piano Strategico 2022-2024”.
Banca di Asti non è quotata a Piazza Affari, bensì sull'indice della Vormel Sim. Per tutto l'anno il titolo ha oscillato attorno agli 8 euro, ma appena dieci anni fa la gran parte dei piccoli azionisti ha comprato i titoli a un prezzo attorno ai 13-14. E la critica maggiore che viene mossa è che l'indice Vormel non appare redditizio.
Eppure, adesso, il dividendo è in crescita. Il tutto certamente legato alla decisone della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti di cedere parte delle quote - ricordando adesso una direttiva del ministero del 2015 - per rientrare nei limiti del massimo detenuto. In prima fila ci sarebbero la Banca Popolare di Sondrio e il Banco di Desio, anche se ancora non è chiaro in quali percentuali. Alla finestra, invece Fondazione Crt: nonostante, al momento dell'ingresso nell'azionariato, l'allora presidente Fabrizio Palenzona avesse ipotizzato una salita fino al 10/11% della Banca, la nuova presidente Anna Maria Poggi - fra consiglieri di amministrazione indagati e il fiato del Mit sul collo - preferisce una politica attendista. O, per meglio dire, non vuole assolutamente esporsi.
Rimangono i rumors su un coinvolgimento - almeno a livello di discorsi meramente speculativi - di Intesa Sanpaolo, nei cui titoli hanno investito altri istituti di cui Fondazione CR Asti ha delle quote. E, inoltre, c'è il nodo Ream SGR, ossia la "fondazione delle fondazioni", in cui oltre alla Banca di Asti - il consigliere delegato qui è il sindaco di Asti, Maurizio Rasero - c'è proprio la Compagnia di San Paolo, principale azionista dell'istituto di credito diretto da Carlo Messina. Il quale ha escluso acquisizioni. Ma in provincia il (piccolo) Risiko bancario è in pieno svolgimento.
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