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Riapre il Cpr di Torino. Ecco la storia e il futuro del Centro di permanenza che nessuno ama

In corso Brunelleschi riaprono le porte del Cpr dopo due anni di chiusura a causa degli incendi con cui i migranti l'avevano distrutto

La manifestazione di sabato contro la riapertura del Cpr di Torino

La manifestazione di sabato contro la riapertura del Cpr di Torino

Di solito, la riapertura di una struttura pubblica dopo una ristrutturazione durata anni, è una notizia accolta con favore, soprattutto da chi a quella struttura vive vicino. Non sarà così oggi, quando - dopo due anni di chiusura - riapriranno le porte del Cpr di corso Brunelleschi. Del Centro di permanenza per il rimpatrio non sentiva la mancanza chi vi sarà recluso ma, c'è da scommettere, neanche i residenti di Pozzo Strada, ne gli aderenti alla Rete contro i Cpr che nel fine settimana appena trascorso hanno già manifestato due volte contro la riapertura. 

Non sarà quindi di certo una festa quella di oggi ma il Cpr di Torino, secondo il ministero, è indispensabile e quindi ecco che a breve vi troveranno posto i primi 20 "ospiti". Ad accoglierli troveranno, oltre alle forze dell'ordine, il personale della Sanitalia Service, cooperativa di Torino che si è aggiudicata la gara pubblica indetta dalla prefettura con un’offerta da 8 milioni e 419.405,05 euro e che dovrà gestire un Cpr diverso rispetto a quello del passato: più piccolo e, si spera, con meno problemi di gestione anche grazie alle promesse attività di mediazione linguistica e supporto nell’accesso ai servizi sanitari con l'obiettivo che il "nuovo" Centro non faccia la fine di quello precedente.

Il Cpr era infatti stato chiuso esattamente due anni fa, nel marzo 2023, dopo una serie di incendi appiccati dai reclusi che, un pezzo alla volta, lo avevano reso inagibile o, per meglio dire, letteralmente distrutto. Una rivolta dopo l'altra, sobillati anche dall'esterno, i migranti avevano mandato letteralmente in cenere i moduli abitativi, costringendo prima a una graduale riduzione della capacità e poi alla definitiva chiusura. E più piccolo sarà anche il Cpr che riapre oggi: 70 posti, contro i 210 di quello "originale", che costeranno allo Stato italiano circa 60 euro l'uno al giorno. Soldi che serviranno al gestore per garantire tetto e cibo a ogni migrante ma anche un kit di ingresso con 5 euro di tessera telefonica e 2,50 euro al giorno pro capite del cosiddetto Pocket Money, gli unici soldi che materialmente vanno allo straniero.

Ricomincia una storia che era stata travagliata anche prima del finale letteralmente di fuoco. Il Cpr, che nel corso degli anni è stato anche Cie (centro di identificazione ed espulsione) e prima ancora Cpt (centro di permanenza temporanea), nella sua storia infatti è stato teatro non solo di rivolte ma anche di un numero incalcolabile di tentati suicidi e atti di autolesionismo, a volte reali ma più spesso utilizzati solo come pretesto per allontanarsi dalle mura di corso Brunelleschi e raggiungere quelle più ospitali di una camera d'ospedale, da dove in teoria è più facile scappare. Purtroppo però c'è stato anche chi si è tolto la vita davvero: a febbraio è partito il processo contro la direttrice dell’ex ente gestore Gepsa e l’allora responsabile medico della struttura per la morte di Moussa Balde23enne della Guinea che nel maggio 2021 si tolse la vita mentre era in isolamento. Prima di lui, in corso Brunelleschi erano morti anche Hassan Nejl nel 2008 e Faisal Hossein nel 2019. 

L’affidamento a Sanitalia Service vale due anni ma è possibile un anno di proroga. Al netto, ovviamente, della possibilità, non di certo remota, che nel Centro si possano ripetere rivolte e devastazioni. In quel caso, il rischio di una nuova chiusura è sempre dietro l'angolo. 

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