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Il futuro dell'ex Fiat

Stellantis, un ceo ribelle per Elkann? Ecco chi è (e perché, prima, ha detto no)

Wayne Griffits, la "rockstar dell'auto" in giubbino di pelle, ha lasciato all'improvviso Seat. La battaglia con Filosa

Ha 59 anni (da compiere), è inglese nato a Dunkifield ma con cittadinanza tedesca, e nel suo profilo Linkedin scrive "always a rebel". È il ribelle che John Elkann vuole per Stellantis, il possibile successore di Carlos Tavares nel ruolo di CEO. Si chiama Wayne Griffiths ed è stato fino a una decina di giorni fa il CEO di Seat e Cupra. E rumours insistenti lo indicano per guidare Stellantis. Ma alle sue condizioni (e al momento ha detto "no" a John Elkann). Scopriamo chi è.

È la Tribuna de Automocion a riportare la notizia (riportata in Italia anche da Automoto.it precisando "tutto da verificare" ma noi siamo in grado di aggiungere dettagli a questa informazione) che Wayne Griffiths ha già incontrato John Elkann. Il presidente di Stellantis, "CEO a interim" in quanto capo del comitato esecutivo che guida il Gruppo e cerca il successore di Tavares, ha bisogno di una personalità come quella di Griffiths, ma l'ex CEO di Seat ha inaspettatamente rispedito al mittente la prima offerta.

Bisogna analizzare tutti i punti: Griffiths ha lasciato Seat e Cupra (che fa parte del gruppo Volkswagen) in maniera del tutto inaspettata alla fine di marzo. Secondo Tribuna de Automocion "il motivo non è legato ad alcuna offerta di lavoro, né alla violazione di alcuna politica di gestione del gruppo VW". Dunque non c'entra l'offerta di Stellantis? Lui, su Linkedin, scrive "il meglio deve ancora arrivare". E, al momento, sembra uno che voglia godersi la famiglia. "Di certo non mi annoierò" scrive citando "il mio eroe David Bowie".

Perché non ha accettato subito l'offerta di Elkann? Pare che ci siano divergenze di vedute sul piano che serve a Stellantis. Non tanto sulle strategie industriali, ché il gruppo franco-italiano-americano ha virato decisamente sull'ibrido e il manager anglo-tedesco, in una intervista ad Autocar, dice chiaramente che "non si può obbligare il consumatore a scegliere l'elettrico". Dunque, pieno accordo sulle critiche alle "imposizioni" dell'Europa. Per il resto, Griffiths vuole mano libera?

Dove stanno i punti di distanza? Forse nelle scelte a metà fra un piano industriale già avviato (da Tavares) e i rattoppi messi dalla gestione a interim? Forse nelle risorse economiche a disposizione? In un "controllo" che il cda potrebbe imporre dopo aver lasciato (scientemente) mano libera a Tavares?

Fatto sta che, dopo un primo attimo di gelo, le quotazioni di Griffiths, sempre secondo certi rumors e certe nostre fonti qualificate, sono in risalita. Perché? In primis perché le "forze americane" all'interno di Stellantis hanno stima del manager ex Seat (che peraltro qualche epoca fa era in joint venture con Fiat: ricordate la Fura, la Marbella, la Ronda? Erano la 127, la Panda e la Ritmo rimarchiate) e sappiamo quanto contino gli americani (citofonare Tavares). In secondo luogo, Elkann ha detto chiaramente ai soci che non intende essere lui il ceo (lui lo è già in Exor: dimensione finanziaria, più il suo pane. A Stellantis serve un uomo di "fabbrica"). Jean Philippe Imparato, capo di Europe Enlarged e mezzo "facente funzioni", diplomatico all'opera, ha detto che non sarà lui a portare il Gruppo nel 2040. C'è ancora l'italiano Antonio Filosa, apprezzato in USA e nel Gruppo, ma proprio l'essere italiano lo penalizza con i soci francesi. Luca De Meo, oggetto del desiderio? Lui vuole restare in Renault e completare la sua opera, giurano i bene informati. Secondo la Reuters, la lista di Elkann conta cinque nomi, due interni e tre esterni. Gli interni sono il già citato Filosa, a capo delle Americhe, e Maxime Picat, 51 anni, capo della logistica del Gruppo. Massimo riserbo sugli altri esterni, oltre a Griffiths.

Griffiths ha il profilo d'alto livello che il ruolo richiede: ha studiato a Leeds (lavorando nella concessionaria d'auto della sua famiglia), ha un bachelor in arte, poi un master in management e risorse umane alla Iese Business School, ha iniziato in Audi per poi passare a Cupra (nel primo periodo sotto di lui il brand ha guadagnato il 57%) e diventare presidente e ceo di Seat al posto proprio di Luca De Meo. Dice "Odio i noiosi, gli impostori e gli attori. Non sopporto le persone blah-blah". Lo chiamano "la rockstar dell'auto", sempre in jeans e giubbino di pelle. Ora, ai rumors dovrà seguire il giusto allineamento di pianeti e stell(antis)e.

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