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La crisi dell'ex Fiat

Elkann prepara l'addio a Maserati. Operai "smistati" in tutta Italia (e in Serbia)

Da Modena a Mirafiori e Cassino. Domani i conti del trimestre di Stellantis

Elkann prepara l'addio a Maserati. Operai "smistati" in tutta Italia (e in Serbia)

Mirafiori, Cassino, persino la Serbia: il reparto cambio eDct, l'economia circolare o la Grande Panda. I lavoratori Maserati sono diventati - non tutti - dei giramondo obbligati, o "tappabuchi" dice qualcuno, fra gli stabilimenti Stellantis. Migranti della cassa integrazione, si potrebbe dire. Mentre sul Tridente si allunga l'ombra della cessione. 

Stellantis presenterà domani, 30 aprile, i conti del primo trimestre 2025, che non si annunciano lieti. Ma nel bilancio del Gruppo, accanto ai piani presentati anche in Parlamento da John Elkann, c'è il nodo Maserati. Per il Tridente il 2024 si traduce con sole 11.300 vetture consegnate, a fronte delle precedenti 26.600, mentre i ricavi si sono più che dimezzati, fermandosi a 1,04 miliardi di euro.

A Modena, la sede principale, è in produzione praticamente solo la MC20 (solo 30 vetture da gennaio) accanto a un laboratorio di "tayloring", ossia personalizzazione delle vetture. A Mirafiori, polo dell'elettrico di fatto, le derivate del progetto Folgore (l'elettrificazione della gamma completa) Gran Turismo e Gran Cabrio, da inizio anno e fino allo stop per i lavori di installazione della linea della Fiat 500 Ibrida, erano ridotte a poche decine (70 per la precisione), mentre a Cassino si arriva a 930 Grecale. E con i lavoratori divenuti "pendolari" fra i vari stabilimenti del Gruppo.

Fallita la linea Tavares - che parlava genericamente di problemi di marketing - e in attesa del nuovo ceo del Gruppo, il presidente Elkann ha affidato allo studio McKinsey & Co un'analisi della situazione del brand e la possibilità di trovare se non un acquirente, almeno un partner per il rilancio: la prima idea era quella di uno spin off dal Gruppo per creare una joint venture con un altro produttore. Ma, al momento, nessuno si è esposto concretamente (a parte i cinesi di Chery che hanno genericamente sempre detto di essere "interessati a diverse realtà"). Per l'orgoglio Made in Italy, privato dei modelli di maggiore diffusione e senza un rinnovo di gamma, è arrivato il momento dell'addio?

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