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Sanità & Innovazione
22 Maggio 2025 - 13:30
Un viaggio nella Terra di Mezzo, una visita virtuale agli Uffizi, o semplicemente la sensazione di galleggiare su un’onda di pace: così i pazienti descrivono gli interventi di ablazione cardiaca realizzati sotto ipnosi all’ospedale S. Croce e Carle di Cuneo. Nessun effetto speciale, ma una vera e propria innovazione clinica che sta rivoluzionando l’approccio alla chirurgia mini invasiva.
A raccontarlo è Fabio (nome di fantasia), un giovane paziente che ha vissuto la sua prima esperienza in sala operatoria in un modo decisamente inaspettato: «È stata la prima operazione chirurgica della mia vita, ma è stata una bella esperienza. E quando ho riaperto gli occhi avevo solo un piccolo dolore più che sopportabile. Se dovessi fare un altro intervento, vorrei ripeterlo in ipnosi».
Fabio è stato sottoposto a un intervento di ablazione transcatetere per curare un’aritmia. Ma anziché ricorrere alla sedazione tradizionale, ha intrapreso un percorso diverso: è stato accompagnato in uno stato di ipnosi da un team di professionisti formati nel Centro italiano di ipnosi clinica sperimentale dell’Istituto “Franco Granone” di Torino.
«All’inizio è stato strano vedere tanti medici attorno a me», racconta. «Poi l’infermiera Ivana Fantino ha cominciato a parlarmi, a guidare il mio respiro come fosse un’onda, e piano piano ho iniziato a rilassarmi. A un certo punto, era come se il mio corpo non ci fosse più. Ero al cinema, completamente immerso ne “Il Signore degli Anelli”. Sentivo anche gli odori… Mi sembrava di essere lì, tra i boschi e i castelli. Poi mi hanno detto che erano passate quattro ore».
Esperienze come la sua sono sempre più frequenti grazie all’impegno della Cardiologia del S. Croce e Carle, dove la tecnica dell’ipnosi viene impiegata con successo nelle procedure di ablazione delle tachiaritmie, che richiedono immobilità e rilassamento per diverse ore.
«In questi casi è fondamentale che il paziente sia calmo e immobile – spiega la dottoressa Erika Taravelli, elettrofisiologa –. La fibrillazione atriale, ad esempio, è una patologia molto diffusa tra gli over 70 e spesso l’ablazione rappresenta il trattamento necessario dopo la terapia farmacologica. Grazie all’ipnosi, riusciamo a ridurre il ricorso a sedativi e analgesici, migliorando l’esperienza del paziente e i tempi di recupero».
L’ipnosi, chiarisce Ivana Fantino, infermiera ipnologa clinica, «è uno stato naturale e fisiologico di coscienza, durante il quale le percezioni possono essere amplificate. Induciamo il paziente in questo stato attraverso tecniche verbali, respiratorie e di focalizzazione. Una volta entrato nell’immaginazione guidata, il paziente riesce a rilassare i muscoli, abbassare l’ansia e percepire meno il dolore. Ma soprattutto, vive l’intervento in modo completamente diverso».
I racconti dei pazienti parlano chiaro: «Alcuni dicono di aver visitato il Louvre, altri hanno rivissuto le vacanze estive. C’è chi ha fatto immersioni virtuali tra serie TV e paesaggi immaginari. Tutti riferiscono di aver vissuto l’intervento come un’esperienza trasformativa, a tratti persino piacevole».
Un cambiamento che si riflette anche nel post-operatorio: risvegli più rapidi, minor uso di farmaci, ritorno in reparto immediato.
Il direttore generale Livio Tranchida sottolinea come tutto questo sia parte di una visione più ampia:
«Garantire la qualità delle cure significa anche umanizzarle. L’ipnosi, quando possibile, rappresenta una straordinaria risorsa in questa direzione. L’investimento nella formazione dei nostri operatori ha portato a risultati molto incoraggianti».
Una direzione condivisa anche a livello regionale: «È importante che la nostra sanità si orienti verso tecniche che riducano il carico farmacologico e migliorino la percezione soggettiva dell’intervento – afferma Federico Riboldi, assessore alla Sanità della Regione Piemonte –. L’ipnosi è una risposta concreta e innovativa, che valorizza la componente umana e sensoriale della cura».
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