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Salute & Benessere

Liste d’attesa e rinunce alle cure nel Servizio sanitario nazionale: ecco i (veri) numeri

Secondo un sondaggio Ipsos, l’80% degli italiani ha rinunciato almeno una volta, nell’ultimo anno, a una prestazione sanitaria

Liste d’attesa e rinunce alle cure nel Servizio sanitario nazionale

Foto di repertorio

Secondo un sondaggio Ipsos condotto per la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (Fimmg), l’80% degli italiani ha rinunciato almeno una volta, nell’ultimo anno, a una prestazione sanitaria offerta dal Servizio sanitario nazionale (SSN) a causa delle liste d’attesa. Il dato rappresenta un incremento significativo rispetto al 65% rilevato nel 2024 e segnala un peggioramento nell’accessibilità delle cure pubbliche.

I tempi di attesa prolungati hanno determinato un aumento del ricorso al settore privato: tra coloro che hanno rinunciato alle cure pubbliche, l’84% ha scelto strutture private, mentre il 13% ha deciso di non sottoporsi a cure. L’indagine evidenzia inoltre che il 53% degli intervistati non ha potuto accedere alla prestazione necessaria perché non disponibile nel proprio territorio di residenza, un valore in aumento rispetto al 44% del 2024. Tra queste persone, il 76% ha optato per cure private e il 20% ha rinunciato del tutto, con percentuali più elevate (28%) nelle fasce di popolazione in condizioni economiche disagiate.

Nonostante il quadro generale, la medicina generale mostra una situazione meno critica: il 73% dei pazienti riesce ad accedere al medico di famiglia entro una settimana, l’87% entro due settimane, e solo il 4% oltre tale termine. Inoltre, il 78% degli intervistati si dichiara soddisfatto della vicinanza del proprio medico, con lo studio situato a meno di due chilometri dalla residenza nel 63% dei casi e raggiungibile a piedi per il 41%, percentuale più alta nel Sud Italia.

Le liste d’attesa rappresentano un problema di lungo periodo per il SSN italiano, evidenziato anche da numerose analisi ufficiali. Il monitoraggio condotto dal Ministero della Salute indica come le regioni italiane presentino differenze significative nell’accesso alle prestazioni specialistiche, con tempi medi che possono variare da alcune settimane a diversi mesi a seconda del territorio e della specialità medica. Le liste d’attesa più lunghe riguardano in particolare esami diagnostici e visite specialistiche, fondamentali per la prevenzione e il trattamento precoce di molte patologie.

Il decreto sulle liste d’attesa varato dal governo italiano ha previsto misure quali l’incremento dell’offerta di prestazioni in orari extra, il potenziamento dell’informatizzazione per la prenotazione e il monitoraggio, e l’attivazione di servizi di assistenza ai cittadini. Tuttavia, gli esiti sono stati considerati insufficienti dagli operatori e dalle associazioni di categoria, che sottolineano come la struttura attuale non abbia ridotto significativamente i tempi di attesa.

La Fimmg ha espresso preoccupazione per le proposte di riforma in alcune Regioni, volte a trasformare il modello organizzativo della medicina generale da sistema basato su professionisti autonomi a un modello più centralizzato di tipo dirigenziale. Secondo la federazione, tale cambiamento potrebbe aumentare le liste d’attesa per le visite di medicina di base, attualmente caratterizzate da tempi di accesso rapidi.

Nel dibattito politico, la deputata Ilenia Malavasi, componente della commissione Affari Sociali della Camera, ha evidenziato la necessità di rafforzare la medicina territoriale attraverso investimenti in tecnologia, équipe multiprofessionali e l’introduzione della figura dell’infermiere di famiglia. Ha inoltre sottolineato come il numero di medici di medicina generale in Italia sia diminuito di circa 7.000 unità tra il 2009 e il 2022, con un conseguente aumento del numero di pazienti per medico, fattore che incide sulla sostenibilità del sistema.

La carenza di medici di famiglia e specialisti, la crescente domanda di prestazioni per l’invecchiamento della popolazione e la complessità delle patologie croniche rappresentano sfide strutturali per il SSN. Secondo dati dell’Istituto Superiore di Sanità, l’Italia è tra i Paesi europei con la maggiore percentuale di persone sopra i 65 anni, e il fabbisogno di cure primarie adeguate è destinato a crescere.

Le riforme della medicina territoriale proposte mirano a migliorare l’accessibilità e la qualità delle cure, promuovendo un modello integrato che coinvolga diverse professionalità sanitarie e un utilizzo più efficiente delle risorse tecnologiche. Tra le strategie indicate vi sono l’introduzione di cartelle cliniche digitali condivise, servizi di telemedicina e una maggiore integrazione tra assistenza primaria, specialistica e ospedaliera.

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